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Intervista a Nex Cassel: “L’Underground deve diventare più consapevole delle proprie possibilità”

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Nex Cassel può essere considerato un vero e proprio veterano dell’ambiente rap underground in Italia, con il suo stile “gangsta” si è conquistato un posto di rilievo tra i big della scena.

Con il nuovo album “Vera pelle” si è messo nuovamente in gioco misurandosi anche con nuove leve come Dani Faiv o Drefgold dimostrando di  sapersi destreggiare anche al di fuori della propria “zona di comfort” (citando lui stesso dalle righe che seguono).

Il tuo nuovo album “Vera pelle” arriva in un periodo davvero particolare per il mondo della musica, ha in qualche modo inciso nella sua realizzazione?

No, non ho voluto far entrare il Covid nel disco, perché mi auguro che passi presto e resti solo un ricordo.

Una cosa che mi ha incuriosito sono stati i featuring dell’album, nel senso che alcuni che mi aspettavo non ci sono ma in compenso altri (come Drefgold) sono “inediti”… Come sono stati scelti?

Nella musica bisogna divertirsi e uscire dalla propria zona di comfort, ma il motivo per cui ci sono questi artisti è che sono le persone giuste per le canzoni che abbiamo fatto. Però voglio anche dire che a me non fa per niente strano perché ho sempre collaborato con artisti molto diversi tra loro.

Nella tua carriera hai lavorato con diverse realtà e anche molto importanti… mi viene in mente Unlimited Struggle, ma qual’è il tuo “habitat naturale”, parlando ovviamente di ambiente musicale?

Purtroppo non mi sono mai trovato nella situazione di lavorare come avrei voluto, ma ho sempre cercato di essere professionale anche senza i mezzi giusti, quindi cercare sempre la qualità anche senza avere i giusti investimenti. Io non sono pretenzioso perché non ho mai avuto numeri enormi però per poter crescere devi lavorare con persone che ci credono sul serio. Non ho mai lavorato così bene come ora che sto con RP, però per me la prima cosa è fare la musica con la gente forte, il resto è sempre in secondo piano.

Hai fatto anche diversi joint-album, l’ultimo di grande successo con E-Green… pensi di farne altri? E, magari anche fantasticando… con chi ti piacerebbe lavorare?

Fare joint-album è nella mia natura, perché mi piace stare in studio con altre persone, al contrario odio fare musica da solo. Le persone giuste sono poche purtroppo e sinceramente ora non mi va di fare nessun nome.

So che probabilmente mi dirai che non te ne frega niente… ma ci provo lo stesso, cosa pensi del dissing tra il tuo amico Gionni Gioielli e Jamil? E in generale come vedi la questione dei dissing tra rapper in Italia?

Cerco di stare fuori dai dissing perché non riesco a prendere queste cose alla leggera, come forse bisogna prenderle. Se io litigo con qualcuno mi incazzo male e dopo tre giorni che non dormo non si sa cosa può succedere. Cerco sempre di non provocare e pretendo di non essere provocato, perché le cose si possono dire, le battute si possono anche fare, ma c’è sempre un modo giusto e uno sbagliato. Non posso dire di essere in assoluto contrario ai dissing, perchè da ragazzino mi gasavo con i dissing tra 2Pac e Biggie o tra LL Cool J e Canibus, tra l’altro penso che a livello di rap potrei anche fare molto male visto il tipo di rapper che sono, ma un nemico deve essere comunque degno, per essere nemico mio.

E’ da un po’ di anni che sei sulla scena, sempre da protagonista nell’ambiente “underground”. Cosa pensi della situazione attuale, rispetto a quella che c’è stata in passato? Evoluzione? Involuzione?

L’underground deve diventare più consapevole delle proprie possibilità, sicuramente servono soldi, non tantissimi, ma dei soldi. Una buona scena musicale sana ha un buon underground vivo e forte, e deve avere una scena commerciale degna. Penso che artisticamente non ci sia niente di più eccitante di quei periodi che nascono per magia in cui ci sono artisti, idee, scambio, luoghi, persone… quando vedete nascere queste situazioni cercate di farle durare più a lungo possibile, perché sono periodi destinati a finire, quindi contribuite come potete ad alimentarli. Il pubblico deve essere presente, partecipe, gli organizzatori devono fare cose fighe anche con pochi mezzi, come spesso facciamo noi. Underground non significa per forza impianti audio di merda, backstage da terzo mondo… queste cose dopo anni stufano gli artisti. Io ho vissuto gli anni più bui del rap italiano e non mi spaventa nulla, sono vaccinato diciamo.

A proposito di cose durature, parlaci della tua collaborazione con St. Luca Spenish… Qual’è il “segreto” di una collaborazione così lunga e proficua?

La voglia di fare musica e ritenere il proprio partner di un livello tale che possa fare la differenza.

Quando ascolto la tua musica inevitabilmente penso al mare e alla vita sulla costa, quanto è importante per te e per la tua ispirazione parlare dei luoghi da cui provieni e dove passi le tue giornate?

Il rap è sempre stato anche rappresentare il posto da cui si proviene, è uno dei capisaldi del genere, oltre alla musica io amo le persone che sono orgogliose di quello che sono, attenzione a non confondere orgoglio con sentirsi superiori, il mondo è bello perché è grande e vario. Io porto sempre con me la mia zona di provenienza, ma in realtà sono sempre in giro.

Andrea Bastia
Andrea Bastia
Appassionato di cultura hip hop da ormai troppi anni e writer fallito, dopo qualche esperienza in proprio sul web approda definitivamente su Hano. Si occupa della rubrica dedicata agli artisti emergenti e a quella sui Graffiti.

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