Lo so, ne abbiamo parlato solo due settimane fa ma l’occasione è ghiotta per fare un po’ di “caciara”.
Ricapitolando per i più distratti. Qualche giorno fa è stata pubblicata sul canale di Sto (ESSE?) Magazine l’intervista ad Emis Killa in occasione del suo album “Supereroe”. Il tutto, come sempre, davanti ad un “agguerritissimo” Dikele che per l’occasione ha deciso di vestirsi a metà strada tra braccio di ferro ed un pescatore di vongole.
Com’è l’intervista? Gradevole e interessante. Al solito, il copione di Stesse Magazine può anche funzionare quando ti si presenta davanti qualcuno spontaneo come Emiliano. Uno che si concede a qualsiasi riflessione, ma non è questo il punto. Il punto è che nella seconda metà dell’intervista il Rocky Balboa di Vimercate si lascia andare alla seguente analisi:
Io credo di essere uno dei migliori rapper Italiani. Per certi versi il migliore. Ci sono tante sfumature e tanti sono bravi per delle specifiche cose: chi la voce importante, chi i testi… nel complesso potrei essere il migliore. Penso di saper fare tante cose e non è da tutti
Ovviamente l’osservazione non è passata inosservata alle groupie di tutti gli altri rapper che si sono ovviamente lanciate sui canali social del cantante pronti a ribadire come il loro rapper preferito sia meglio di Emis Killa in tutto.
Da copione quindi la reazione pacata pubblicata poco dopo sulle storie di Instagram:
Io penso che Emis Killa abbia spiegato più che esaustivamente cosa intendesse con quel “sono il più forte di tutti” e ed è difficile dargli torto. Questo sa rappare, punto. Per altro è uno che lì in alto ci è arrivato facendo una gavetta che in pochi altri si sono fatti nell’ambiente. Gli ho visto aprire concerti in locali dove c’erano più spacciatori che spettatori.
Il suo è un ragionamento che ci può stare perché effettivamente per polivalenza non saprei chi metterci assieme a lui. Certo direte voi, ci sono artisti a cui magari non fregava niente di dimostrare di saper fare la canzonetta dell’estate. Ci sono artisti che magari sono contenti di fare quello che fanno senza necessariamente sentire la necessità di dover dimostrare di saper fare tutto. Un Salmo che fa il pezzo col ritornello “aleee aleee oooh” (Rollercoaster) non me lo vedo ad esempio. Sono scelte.
Un altro passaggio poi in cui non mi convince del tutto è quando rivendica, a ragione, di essere stato quello che prima di tutti e più di tutti ha saputo valorizzare il canto nei suoi ritornelli. Cita “Parole di Ghiaccio” che sì è una hit assoluta e che sì è stato un pezzo da 90 della storia di questo genere in Italia. La mia provocazione però è un altra: si può accusare la nuova scena di non saper “rappare” quando poi sei stato, a tuo stesso dire, uno dei primi che ha fatto dei pezzi che si basavano quasi più sul ritornello da cantante che sulle barre? E se “parole di ghiacchio”, pur nella sua bellezza, fosse stato l’inizio della fine? Per un Emis Killa che può permettersi di fare quello che vuole, anche il pezzo “pop”, quanti rapper della minchia ci siamo dovuti puppare con sto cazzo di ritornello melodico? Ti puoi lamentare dello sterminio di massa se hai inventato l’atomica? Non so.
Concludo dicendo caro Emiliano, che le tue perplessità su molti di questi nuovi artisti le applaudiamo e condividiamo. Come per altro dovrebbero fare tutti quelli con più neuroni di un chihuahua. Al tempo stesso dovresti fare i nomi. Basta con sto politically correct. Non si possono fare interviste da dieci minuti con allusioni a destra e sinistra e poi chiuderla con “non voglio fare i nomi perché le cose si risolvono di persona”. Ma sti cazzi, è rap mica un incontro delle nazioni unite…
Dai Emiliano si scherza. Sappi che in sto mondo di finti amici e finti umili è sempre bello vedere uno che ogni tanto sbrocca e si prende dieci minuti “alla kanye”. Non cambiare mai.
Alla Prossima.