Sfera Ebbasta, colui che ha cambiato le regole del gioco con in suo atteggiamento, con la sua spocchia abbinata al menefreghismo di quello che si dice sul suo conto, aiutato in gran parte dalle doti del suo socio Charlie Charles. Abbiamo voluto mandare due generazioni di ascoltatori al suo concerto ai Magazzini Generali di Milano. Una è una ragazza classe ’81, l’altra una classe ’93. Ecco cosa ne è uscito. Buona lettura
Valeria Balestrieri, classe ’81
Milano. Magazzini Generali, 3 marzo 2017 ore 19.30. Come da copione Via Petrasanta è un’interminabile coda di ragazzini che sotto la pioggia attendono l’apertura delle porte.
Il concerto sarebbe dovuto iniziare alle 20.30, decidiamo quindi di andare a bere una birra, dopo quasi un’ora, nel locale entra Sfera Ebbasta insieme a tutta la sua crew, compresa di management al completo e mamma, per cenare prima del live.
Sono quasi le 21.30, entriamo ai Magazzini, la folla di fan che prima era fuori, ora è dentro e, cellulari in mano, riempie completamente il locale.
A vedere quella marea di ragazzi che, al posto delle mani, alza i cellulari, con videocamera accesa, pronti a riprendere il momento in cui il loro idolo farà capolino sul palco, mi viene in mente una strofa di Fabri Fibra “quando canto non vedo persone ma automi con in mano un iPhone” e penso che, da lì a breve, prenderò anche io il telefono in mano e farò esattamente come loro.
Sale Shablo sul palco e per una ventina di minuti riscalda l’atmosfera suonando qualche pezzo. La cosa che, più di tutte mi ha lasciata sorpresa, è che, quando ha messo una canzone di Noyz Narcos, improvvisamente le teste e i cellulari del pubblico si sono abbassate. L’età media sarà stata tra i 16-18 massimo 20 anni, un pubblico molto giovane per apprezzare e conoscere un mostro sacro del rap italiano qual è Noyz, quindi mi viene da pensare che il capo di Roccia Music abbia sbagliato scaletta, forse, se avesse continuato sull’onda di Santeria e Izi, avrebbe ottenuto un warm up migliore e i fan non si sarebbero annoiati nell’aspettare più di due ore il loro idolo.
Ecco, dal mio punto di vista, considerando i miei 35 anni suonati, l’attesa è stata davvero troppa, non mi era mai capitato di attendere tutto questo tempo l’inizio di un concerto, soprattutto di un rapper italiano. Abituata ormai ad artisti come Marra e Guè che all’Alcatraz hanno spaccato il minuto iniziando il loro Santeria Live alle 21.00, puntuali come un orologio svizzero, ho visto questo ritardo di Sfera Ebbasta quasi come una mancanza di rispetto nei confronti del pubblico che ha aspettato per ore e ore, dapprima sotto la pioggia e poi schiacciati all’interno dei Magazzini Generali, al caldo, il loro idolo.
Sono le 22.20 quando FINALMENTE fa capolino Charlie Charles, seguito da Sfera Ebbasta, che sale sul palco con un look davvero improbabile cantando il suo ultimo singolo, Dexter.
La folla è letteralmente impazzita, le voci di Sfera e quelle dei suoi fan sono un tutt’uno dall’inizio alla fine del concerto.
Lui nella sua musica è molto bravo e per flow, ritmo ed energia, nel suo genere è sicuramente il numero uno e i suoi fan rispondono benissimo.
Con il microfono in una mano e la canna nell’altra, pezzo dopo pezzo, da BHMG, a Visiera a becco, passando per Balenciaga, No No, Cartine Cartier fino ad arrivare a Ciny, Sfera riscalda sempre di più l’atmosfera regalando energia allo stato puro.
Il palco, però, era vuoto, la piccola console di Charlie Charles quasi scompariva tra le luci, Sfera, forse per la sua giovane età e inesperienza, non è ancora un animale da palcoscenico, uno show man, capace di interagire con il pubblico e mi ha dato l’impressione che da solo non sapesse tenere e gestire quel palco.
L’interazione con i suoi fan era decisamente flebile, a parte qualche “tirate su quelle cazzo di mani”, ma, nonostante questo, dall’inizio alla fine, lo scambio di energia tra lui e il suo pubblico è stato continuo e ininterrotto.
Ogni tanto si rivolgeva a Charlie per sapere qual era il prossimo pezzo in scaletta perché, da sua stessa ammissione, non l’aveva studiata, nonostante avesse due fogli incollati sul palco con scritta la scaletta completa a caratteri cubitali.
Mi è sembrato un live assolutamente poco studiato e curato. Se il concerto deve essere il momento clou per un artista, quello in cui mostra al suo pubblico chi è e cosa sa fare, questo per me non è stato il caso. E la mia non vuole essere una critica, lo dico solo perché da lui, da Sfera Ebbasta mi aspettavo di più.
Lui è sicuramente molto bravo dal punto di vista musicale, di voce, ritmo e flow, non ne ha sbagliata davvero una, ma il live in generale è stato deludente e povero ai miei occhi, come ascoltare il cd o guardare un video su YouTube, senza alcun valore aggiunto.
Mi ha stupito molto anche sentirlo cantare la sua strofa di Scooteroni, perchè era la prima volta che mi capitava di vedere un artista che ha fatto un featuring a un altro e canta la propria strofa da solo al suo concerto.
Ero molto curiosa di vederlo live, avevo comprato e ascoltato il suo ultimo disco e mi piace molto. Mi gasa tantissimo ascoltarmelo in macchina mentre, assonnata, vado al lavoro, ma devo dire che, se da una parte mi ha confermato la sua bravura, il suo indiscutibile talento e il suo essere il numero uno nel suo genere musicale tanto da essere il primo ad essere arrivato in così poco tempo in Francia, dall’altra sono rimasta delusa.
Mi aspettavo di più da lui a livello di spettacolo.
Sfera Ebbasta ha sicuramente una carica pazzesca sul palco e un enorme impatto sul suo pubblico, tanto da riuscire a coinvolgerlo usando solo le sue canzoni e la sua voce. La scelta di rendere lui e Charlie Charles protagonisti assoluti del live è stata sicuramente interessante, così come l’assenza di fronzoli che ha focalizzato l’attenzione su di loro e sulla musica, vera protagonista, ma ho trovato lo show in sè vuoto e di poco valore, nonostante l’altissima partecipazione del pubblico.
Forse la mia è una visione “vecchia” e old school causata dall’enorme divario generazionale che mi separa da lui e dai suoi fan, o forse perché da ormai troppi anni sono abituata a vedere mostri sacri come Marracash, Guè Pequeno, Club Dogo, Fabri Fibra e Salmo, di tutt’altra età, esperienza e presenza scenica.
Quello che mi ha lasciato è la conferma della sua bravura, l’enorme empatia tra lui e i suoi fan e la carica di energia che, tutti insieme, lui dal palco e il pubblico tutt’intorno, ha riempito ancora di più i Magazzini Generali.
Sfera Ebbasta mi ha regalato un salto nella nuova generazione, un viaggio durato poco più di un’ora che mi ha permesso di vedere e vivere il rap con gli occhi di una ragazzina di 18 anni.
Per fortuna, insieme a me, c’era anche Manuela Clemente, l’altra girl di Hano, che, essendo 11 anni più giovane di me, ha avuto una visione del live completamente diversa dalla mia.
Manuela Clemente, classe ’93
Per me che infatti ho vissuto a pieno la genesi, i primi abbozzi e infine l’exploit di questa nuova ondata, il mood generale di approccio al live è stato differente fin dal principio. Non perché mi sentissi in linea e in sintonia emozionale con l’età media del pubblico di Sfera, anzi.
Semplicemente la mia classe ’93 mi riposiziona in una terra di mezzo tra un gap generazionale molto forte, e di conseguenza i miei criteri interpretativi vivono l’influenza contrastante di due formae mentis agli antipodi. Certo l’attesa di un’ora e tre quarti rispetto all’orario ufficioso – senza contare i tempi infami di coda sotto la pioggia per chi era lì già dalle 19 come minimo – avrebbe fatto scazzare chiunque, dai padri di famiglia ai ragazzini alle colleghe dai 35 suonati.
Nel complesso però, una volta arrivata ai Magazzini e preso coscienza delle ore libere a disposizione prima che lo show iniziasse, ho avuto modo tra una birra e l’altra di fare diverse riflessioni sulla figura del protagonista della serata e sul contesto generale in cui è riuscito a germogliare fino ad arrivare ai sold out di queste sere.
Mi è sempre rimasta impressa una semplice affermazione tra le tante di Gionata Boschetti, al secolo Sfera Ebbasta, che diceva: “devi essere convinto di ciò che stai facendo senza sentirti un coglione“.
Questo perché fin dall’inizio il suo essere così prepotentemente outsider è stato in grado di attrarre e plasmare inconsciamente a sua immagine e somiglianza un certo tipo di pubblico e allo stesso tempo di rimpinguare le fila degli haters più accaniti, che si sono lanciati senza filtri di sorta in giudizi e critiche forti non solo sul piano musicale ma anche estetico e personale.
Avrebbe potuto piegarsi e virare verso una rotta più confort e neutra o spegnersi sotto il peso dell’incomprensione diffusa, invece ha chiuso gli insulti nella borsetta edizione “sti cazzi” di Vuitton e ha continuato per la sua rappresentando con arroganza e orgoglio il personaggio di se stesso, con tutti i limiti del caso.
Lui e il suo collega Charlie Charles si può dire abbiano dato vita ad un vero e proprio immaginario, legato sì alla creazione di una nuova scena musicale – che esula completamente dal rap italiano – ma anche e soprattutto alimentato dall’inaspettata esigenza di identificazione totale nel loro stile di vita da parte del giovane pubblico.
Trapiantare in Italia un genere come la trap, nata in America nei ’90 e metabolizzata in Europa già da tempo, è stato un atto decisamente rivoluzionario che non ha significato soltanto dimostrare che si può “rappare senza rime” ma stravolgere anche il look e lo stile di un artista e renderlo addirittura fenomeno di massa.
E mi consenta e testimoni di fatto quest’affermazione la presenza numericamente imbarazzante attorno a me di ragazzi in bandana, collane placcate in oro, felpe BHMG, visiere a becco, i-phone e sprazzi di bottigliette di Sprite alla mano.
Per quanto discutibile possa sembrare un’emulazione del genere che sfora i confini della musica e diventa “altro” agli occhi dei più, specie se ci si addentra nella tristezza dell’uso sconsiderato e spesso inconsapevole di bevande alla codeina e oppiacei di varia natura da parte di giovanissimi, si tratta pur sempre di un fenomeno tutto italiano che sta creando uno spostamento di ruoli notevole anche all’interno del rapgame stesso.
Dopo questa serie di considerazioni personali, intervallate da chiacchierate con la Vale, il fresco ventenne Falco e altri del rooster di Sfera, mi sono ritrovata sui piani alti dei Magazzini proprio al via alle danze di Shablo pre-concerto.
Credo di non aver mai vissuto un momento di così forte empatia con il pubblico di un artista come in quei venticinque minuti di djset: il desiderio e l’attesa del piacere non erano più il piacere stesso ma si erano trasformati in disagio e ansia trattenuta e reiterata da ormai troppe ore. Era il caso che Sfera digerisse l’hamburger e cambiasse l’outfit in fretta prima che i nervi tesi delle braccia in alto con le camere dei cellulari accese si trasformassero in arti in cancrena.
Verso le 22.15 finalmente il palco si ricopre di nebbia rossa e parte l’intro di Dexter, il nuovo singolo in preordine su i-Tunes. A fare da background al concerto è subito il boato generale dei bravi ragazzi nei brutti quartieri che non si spegnerà più per almeno un’ora se non per fare da coro ai virtuosismi dell’autotune di Sfera. Sentir cantare con padronanza dell’intero pubblico ogni singola parola dei suoi testi, da Ciny a BRNBQ a XDVR, è stata una sensazione molto particolare per me.
Sebbene io conosca a memoria i brani dei suoi album e li apprezzi, faccio comunque un po’ fatica ad identificarmi nelle storie che racconta e per questo ne apprezzo al massimo ciò che posso e lascio alla compensazione del resto le produzioni.
Questo non perché io non sia schedata o perché non senta i telegiornali e sappia dei giri di spaccio – e di conseguenza non possa capire tutto questo – ma semplicemente perché non ho mai vissuto in prima persona il dark side della vita nei quartieri di periferia. Cosa che, a differenza mia, molti dei ragazzini sotto di me avranno fatto o staranno ancora facendo.
La mia mancata conoscenza della strada però non mi fa gridare allo scandalo e all’indignazione per una criminalità ostentata nelle sue liriche e spesso giudicata poco credibile dai molti. Non è che per poter parlare di ciò che non va bisogna per forza essere o fare ciò che non va – e sarebbe bello farlo sapere anche a coloro che ritengono che Sfera “pisci fuori dal vaso” nel non toccare piano certi argomenti.
Ma tanto sti cazzi davvero, “fanno a gara per dire la loro come se poi servisse a qualcosa“. Bandana e denti d’oro e si tira dritto a fare i soldi.
A un’ora e qualcosa dall’inizio dello show, l’hype si può dire sia rimasto ad un livello alto e costante con picchi assoluti di euforia per le hit più famose. Sfera non sarà di certo uno showman, sia per l’età che per la ancora poca oggettiva esperienza sul palco, ma una sobria presenza scenica e coerente con il fascino del personaggio gli va riconosciuta di diritto. A volte è gratificante anche il solo fatto di sapere che è la tua musica nuda e cruda a tirare più del balletto o della scenografia.
Ecco che il cerchio infine si chiude sulle note della C di Ciny e del ciao di Sfera e si torna tutti a casa con il borsello carico di IG stories e i padri un po’ più felici.