Qualche giorno fa abbiamo ricevuto questa mail. Chi ci scrive è Andrea e ci teneva a farci sapere cos’è per lui il “Rap” e cosa vuol dire “avercela fatta”.
“Ciao a tutti,
vi seguo sempre.
Mi permetto di riportare a seguire una riflessione personale, che se riterrete potrete usare come volete; io sono un nessuno, uno come tanti, però amo la musica non le stronzate…
Quando penso alla rivalsa, all’avercela fatta penso a chi si è tirato fuori da una situazione di svantaggio.
Lo svantaggio – per mio padre – per esempio, è stato quello di non aver studiato e quindi, per la società dell’epoca, questo svantaggio avrebbe comportato il non poter accedere alle brillanti carriere dei laureati.
Lo svantaggio – per mio nonno – invece, fu quello di aver vissuto una guerra e aver dovuto ripartire da zero.
Io fondamentalmente non ho mai vissuto lo svantaggio, ma nutro profondo rispetto per chi invece ci si è trovato ad averci a che fare (anche per me). Lo hanno vissuto per me mio nonno, prima, e mio padre, dopo, riscattandosi entrambi: il primo ricostruendo casa e il secondo lavorando e studiando di notte per riscattarsi e accedere laddove gli era stato detto che non avrebbe mai potuto accedere.
Il rap per me è questo: è come vivi, come ti comporti, come affronti la vita. Un medico può essere rap, un benzinaio può essere rap, un impiegato può essere rap. Il rap è tirarsi fuori da una certa situazione (o per lo meno provarci), raccontare un disagio, uno svantaggio e raccontare a tutti come e quando ce l’ha fatta (nel migliore dei casi, per lo meno ci hai davvero provato) e non mi riferisco al Get rich or die trying.
Se lo svantaggio e il disagio dal quale le nuove leve si sentono sollevati è quello di entrare nei locali gratis, di avere quattro free drink in mano e orde di ragazzini che gli scimmiottano occhiali da sole e taglio di capelli, allora credo proprio di poter serenamente dire che il disagio e lo svantaggio generazionale questi non lo hanno mai vissuto, né mai provato a capire.
Tutto questo accade, oggi, per la totale assenza di valori e ideali. Il vuoto cosmico delle menti giovani di oggi è il vuoto che viene riempito dai grandi marchi e dal “tutto e subito” ad ogni costo. Nessuno apprezza e onora il sacrificio, tutti bramano al risultato (da raggiungere con ogni mezzo).
E qui chiudo; non scrive un vecchio fuori moda, che non sa di cosa parla. Scrive un trentenne che, lavorando ogni giorno, si sta comprando una casa, onorando chi prima di me ha vissuto, raccontato e trasmesso.
Questo per me è il rap.
Andrea“