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Izi ha il diritto di prendersi tutto. Il nostro report sul concerto a Milano

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18 novembre, sembra un venerdì d’inverno meneghino come tanti altri. Un affaccio rapido fuori dalla finestra, Milano è una coltre di nebbia. È grigia sì, ma come Ernia io vedo il mare dal balcone, in un romanticismo onirico che non mi abbandona mai. Preludio perfetto, penso dentro di me, alla serata di stasera: Izi in concerto con qualche amico della Z4gang e non solo alla Salumeria della Musica, poco distante da casa mia. Passo il pomeriggio a riascoltare tutti i loro album con fare maniacale, per non arrivare impreparata, per non sfigurare troppo accanto a quei true fans che le rime le sanno quasi meglio degli artisti sul palco.

Sono dentro i loro pezzi, la loro vita, i loro sbatti. Esco a comprare le sigarette e vedo il cielo che sta a un palmo dal mio. Dalle cuffie Rkomi mi dice che ne sa zero di dove sta andando, “giro al quartiere, non c’è un’anima a parte qualche macchina e l’acqua che bagna l’asfalto”. Tutto vero, ma dove stiamo andando stasera Mirko lo scopriremo insieme. E non vedo l’ora.

Sono le 22 e la 95 non arriva ancora. Piove, non ho l’ombrello e neanche la compassione del mio collega: “Manu ma a che punto stai? Mi è passato davanti Clementino”, “Ora Ensi”. Penso “cazzo, se fossi lì”, bè? Non lo so nemmeno io, probabilmente gli chiederei di accendere, fuori dal palco e dalle piazze virtuali siamo tutti figli dello stesso di(sagi)o. Resta il fatto che Izi stasera ha contato fino a dieci e non è più solo, si è portato dietro un bel po’ di amici. Ha voglia di divertirsi.

Arrivata al locale vinco subito un timbro a stella e dò il via alla mia walk of shame verso il bancone del bar. Butto un occhio alla situazione generale e lo spettacolo attorno a me è raccapricciante. Ragazzi di ultimissima generazione come le scarpe e i cappelli che indossano, seduti ai tavoli a guardare l’Iphone. Fortuna non era il concerto di Vegas Jones. Fortuna erano tutti in ritardo, avevo il tempo di un’altra sigaretta.

Il karma però non perdona mai e dalla porta del cesso escono fuori i primi Ue Ue. Ultima boccata di fumo ed umidità e varco il tendone rosso. “Sono in missione, pronto per mordere”, non aspettavamo altro Diego. Mi butto sotto il palco, facendomi spazio tra le zie troppo occupate a registrare la storia su Instagram e i walking deads di prima improvvisamente rinati. Metto da parte compostezza e dignità e mi scateno in movenze discutibili che prego di non rivedere mai in alcun video. Sul palco più bottigliette d’acqua, fumo e videomakers che artisti, ma la fotta del pubblico parlava chiaro. Izi ha ascoltato le richieste dei suoi fan:
Ha tenuto lo show in maniera quasi impeccabile, in cui il punto più alto della serata credo sia stato toccato dalla domanda empatica che unisce i popoli più della musica: “Raga ma la mangiate pure voi la rucola”? L’ha toccata pianissimo e con eleganza. Perciò un plauso commosso all’impegno, alla presenza consapevole e alla invidiabile autoironia. Non da meno la ruota di Ernia, Tedua, Laioung, Rkomi e Sfera che ha girato sul palco e che ha fatto impazzire a turno chi tra il pubblico mi aspettavo avesse preso di lì a poco direttamente il microfono in mano. Dalla periferia al centro dell’attenzione insomma, come direbbe Luchè.

Sarà stata la psichedelia delle luci o il caldo sahariano a creare uno stato mentale percettivo di distorsione completa del tempo, ma il saluto finale quasi improvviso di Izi alla Milano Sud mi ha lasciata davvero sconvolta come quando da piccola mia madre mi svegliava di domenica mattina alle 8 con il rumore dell’aspirapolvere. Vittima dell’entusiasmo osmotico circostante, caricato precedentemente a dovere dallo tsunami che inonda “Giovani Giovani”, mi aspettavo durasse di più. Ma come tutte le cose belle, anche questa doveva finire prima o poi.

Siamo tutti d’accordo sul fatto che dia più soddisfazione costruire da zero. E se questo è l’impero che Izi sta mettendo su dal niente, allora ha il diritto di prendersi tutto.

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