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E se Sfera & Co. fossero la nuova Area Cronica?

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Ok, se hai letto il titolo probabilmente ora sei furioso e stai pensando una di queste due cose:

1- Ma basta con ‘sti vecchi dei ’90, Sfera è il futuro, Ghali è il futuro, Izi è il futuro, Tedua è il futuro, siamo stanchi di doverci sempre piegare a ringraziare gente che non fa un disco da 20 anni.

2- Ma come ti permetti di paragonare questa banda di ragazzetti tutto swag e autotune con dei mostri sacri che han fatto la storia del rap italiano?

Pensieri legittimi, insulti pure. Me li prendo e porto a casa.

In realtà non voglio fare niente di tutto questo, ma è uno spunto su cui sto riflettendo da qualche mese e voglio prendermi il tempo per provare ad argomentare. Seguitemi, la risposta la daremo alla fine. Insieme.

Il là me l’ha dato aver partecipato alla serata organizzata da Sfera e Ghali con Charlie Charles ai Magazzini Generali di Milano nel maggio scorso e aver visto una marea di ragazzi riempire il locale cantando tutte le canzoni dei due giovani rapper, vestiti come loro, muovendosi come loro, con, a un certo punto, più gente sul palco che sotto.

L’ultima volta che sono stato ai Magazzini, davvero in un altro secolo, era in occasione di una super serata organizzata dall’Area Cronica per festeggiare tutto il roster e i suoi successi. Infatti si erano esibiti un po’ tutti, da Sabsista a Left Side, fino ad arrivare ai Lyricalz che anticipavano il gran finale con i Sottotono. Anche al live di Sfera e Ghali c’erano tutti. Da Tedua alla Dark Polo Gang, Rkomi, Abe Kayn e Izi. L’unica cosa diversa è che in questa occasione ero in alto nel privè del locale, mentre all’epoca dell’Area io ero lì, sotto al palco a cantare tutte le canzoni. Vestito come loro, mi muovevo come loro, etc etc. Sì, perché una cosa che accomuna l’Area Cronica di quegli anni e questa che Sfera ha avuto il coraggio di chiamare “un’altra scena” è che non è solo musica, ma c’è tutto un immaginario dietro, fatto di gestualità, vestiti, mosse e colori. Gli occhiali da sole tondi bianchi di Sfera, sono i Versace di Tormento.

Sfera & Co si rifanno a un filone musico-culturale europeo che richiama la trap francese e non nasconde questa influenza e questa passione e, inutile negarlo, ha portato in Italia queste sonorità e questa matrice. Con punte di Chicago. I Sottotono erano dichiaratamente West Coast. Nei suoni, nei temi, nei modi. In un periodo in cui nessuno usciva dal seminato del bum cha. Sicuramente il gin’n’juice di Snoop l’hanno portato qui loro, ora sostituito dai purple drink.

Entrambe queste correnti hanno rappresentato il nuovo, il diverso. Entrambe, infatti, erano, e sono, schifate dai puristi del rap.

Entrambe hanno fatto subito numeri fuori norma. Entrambe avevano, anche, un pubblico molto giovane. Per entrambi questo ha significato infamia. Poco Hip Hop.

Tormento si definisce ancora oggi il king delle love song e fin da subito nei suoi lavori la componente melodica è sempre stata importante, a tratti predominante, tanto da trasmetterla anche agli artisti che han fatto parte dell’Area nel tempo. Non solo ritornelli cantati, li chiamavamo R&B per semplificare, ma la struttura melodica la si intuiva anche nella costruzione delle barre e nello stile del flow. Tutte cose che si ritrovano anche nei lavori e nel gusto di Sfera o di Izi. Ma, per dire, anche Tedua ha culturalmente quell’impronta lì, gioca con la musicalità delle parole, riconoscibile in alcune tracce della sua giovane produzione. Per non parlare di Ghali che, per capacità di variare il flow e costruire melodie, forse è il più simile al Tormento dei Soliti MC’s (questo è un tecnicismo per pochi, a chi non lo capisce consiglio di andarsi a recuperare le allegre avventure di Donnie, Jim, Mega…).

Sfera si aiuta con l’autotune è vero. E sembra che l’abbia inventato lui, anzi gliene si fa una colpa. Di aver imbarbarito la purezza del rap con un macchinario che sostanzialmente ne corregge i difetti e, ad alcuni, suona disturbato e cacofonico. Ma in realtà la sperimentazione dell’utilizzo di aggeggi elettronici era già partita anni fa. Ricordo che in tour l’Area si portava spesso DJ MP che col Vocoder o Talkbox lavorava live le melodie di alcuni pezzi storici dei Sottotono e dei Sardo Triba.

La questione non è mai il mezzo, ma l’utilizzo che se ne fa.

Da notare anche la rapidità con cui si passa dall’essere spinti e idolatrati a odiati una volta usciti dal quartiere. Ma questa è una regola del successo. Succede un po’ a tutti, quel mondo di haters che è il rap italiano non può fare diversamente. Come non pensare a Charlie Charles che è passato in un battibaleno dall’essere il producer emergente più forte del mondo, quello da promuovere, che tramuta in oro tutto quello che tocca, a uno smanettone che usa due suoni in croce e sempre lo stesso kit. Anche Fish, prima, genio, per i suoni che importa e i risultati ottenuti e, poi, uno troppo spudorato che usa campioni troppo svergognati (ma che tutti avrebbero voluto usare), come non ricordare quell’Axel F tratto da Beverly Hills Cop contenuto in “Stando alle regole” dell’album Sotto lo stesso Effetto? La realtà è che probabilmente è vero il motto “la prima impressione è quella che conta” e Charlie Charles sta davvero riscrivendo le regole del gioco o perlomeno sta costruendo un suono riconoscibile che lo caratterizza e c’è sicuramente molto di questo e molto di suo dietro al successo di Sfera Ebbasta e di questi rapper dell’“altra scena”. Quello che è certo è che anche a lui auguriamo di essere perennemente “odiato” come Big Fish se ciò vuol dire comandare il gioco ancora 20 anni dopo.

Un parallelismo forse forzato, forse no. Ditemelo voi. Sicuramente l’Area Cronica è un qualcosa che ci portiamo dentro ancora oggi, che ha segnato un’epoca e un movimento. Che oggi tutti ricordano come una pietra miliare della storia del rap italiano, ma molti di questi sono gli stessi che anni fa erano sotto il palco a tirare le Mentos (vatti a cercare anche questa). Si sa che il tempo cura tutte le ferite, ma se oggi l’Area non c’è più, e se è sostanzialmente durata poco nel panorama musicale, colpa è, sì, di alcuni errori fatti da chi ha costruito, ma molto è dovuto alla situazione del tempo, probabilmente non pronta per un movimento del genere. Però molto ha fatto anche chi ha smesso di supportare per una qualsiasi delle stupide critiche viste sopra. E la riabilitazione post-mortem non serve mai a molto. Oggi Sfera & Co hanno la fortuna di trovarsi in un’epoca molto più pronta a seguire e lanciare nuove leve e nuovi fenomeni, hanno sicuramente a fianco persone che li sanno consigliare molto meglio, sia dal punto di vista musicale che, soprattutto, manageriale, il mercato è più aperto a sostenerli e il bacino di pubblico è molto più ampio, ma cerchiamo di lasciare che questi ragazzi facciano la loro strada senza tentare di affossarli preventivamente con l’odio e l’invidia o le storie vecchie. Li giudicheremo tra 5 anni o forse più. Se resisteranno. Se resisteranno abbastanza e non verranno maciullati dal sistema come successo alla storica crew di Novara.

Di buon auspicio può essere questa nota: l’uscita per Def Jam di Sfera Ebbasta, ma soprattutto i featuring con Sch, realizzano quello che è stato anche il sogno dei Sottotono e dell’Area Cronica, ossia aprirsi e collaborare con artisti di spicco della scena Europea e Americana, che però al tempo si è fermato a un Remix di un pezzo di Mary J Blidge, Love is all we need, e a un CD lanciato a Coolio una volta che si trovava a Milano.

Non so se hai letto questo articolo spinto dal punto 1 o dal punto 2, in ogni caso dimmi tu. Io non so se Sfera & Co possano essere la nuova Area Cronica, ma gli auguro non ne facciano la fine.

Prof
Profhttp://www.matteofini.it
Scienziato prestato al Rap.

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