Ok è chiaro che qui su Hano abbiamo urgente bisogno di un titolista, ma la citazione presa dalla strofa di Turi nel pezzo “Sotto Sotto”del 1998 con Piotta mi sembrava il modo più efficace di introdurre l’articolo.
dì al tuo profeta nel suo pianeta
anzi nella sua pineta
che prima c’è l’hip-hop poi la moneta
Turi (Sotto sotto)
A leggerla adesso sembra un eresia… viene prima l’hip hop della moneta? Prima di tutto cosè l’hip hop? E poi quando mai esiste qualcosa che viene prima della moneta? Queste sarebbero probabilmente le domande che si porrebbe un ragazzo che ascolta rap oggi leggendo questo verso.
Eppure c’è stato un tempo lontano in cui davvero veniva prima l’hip hop della moneta, ovvio non per tutti… gli arrivisti ci sono sempre stati, coloro che hanno sfruttato la cultura hip hop per arrivare al proprio tornaconto hanno sempre popolato la scena in tutte le ere, anche quella della cosidetta “golden age“.
Ma ci sono stati quei personaggi che io considero degli eroi, coloro che hanno fatto quello che hanno fatto sempre e solo portando avanti lo spirito e i valori che contraddistinguono la cultura hip hop, anche a scapito (ahimè) del loro portafogli.
Turi con questo verso lo dice chiaramente e si fa portavoce di una generazione in cui era davvero importante fare musica non per guadagnare ma per diffondere una cultura e farlo nel modo giusto, soprattutto.
Un esempio su tutti? Kaos One. Uno dei rapper più talentuosi mai apparsi sulla scena italiana, una vera e propria forza della natura, una persona che ha navigato l’hip hop davvero a 360° iniziando con i pionieri del writing e continuando con il rap. Questa “fotta” l’ha portato ad essere ricco? No, non mi pare di vedere foto di Kaos che si vanta della sua nuova Lamborghini o del suo Rolex, però l’ha portato ad essere una vera e propria leggenda vivente se parliamo di hip hop. Viene prima l’hip hop della moneta, appunto. Non a caso “Cose preziose“, una vera e propria dichiarazione d’amore nei confronti di questa cultura è considerata come una pietra miliare incontrastata del genere.
Anche Bassi Maestro ha condotto la sua carriera in modo esemplare mettendo sempre al primo posto l’hip hop e i suoi valori. Sono innumerevoli i pezzi in cui Bassi mette in chiaro questa cosa e il suo stesso percorso ne è la prova lampante. Talent scout di artisti quali Mondo Marcio e anche in parte Fabri Fibra, ha sempre poi lasciato “andare avanti” loro rimanendo in disparte, lontano dai riflettori ma sempre senza mollare il colpo. Anche per Bassi penso di poter dire senza problemi che è sempre venuto prima l’hip hop della moneta.
Resto indipendente con la testa
Abbastanza intelligente per fare una vita onesta
Guadagno fin che posso e se non posso resta
la voglia di fare questa musica, questa
sempre la stessa(tratto da “non cambio mai – bassi maestro”)
Una domanda che mi sono posto negli anni è “ma c’è qualcuno che ha messo al primo posto l’hip hop ed è diventato ricco lo stesso?”
Credo di no… almeno, non in Italia. Però c’è qualcuno che è diventato ricco, magari tralasciando per un attimo il vero hip hop e i suoi valori originali, ma poi ha saputo sfruttare la sua popolarità per riportare in auge l’hip hop, o perlomeno il vero rap. L’esempio che mi viene in mente è Emis Killa. Ha fatto il botto con pezzi decisamente “popolari“, come la bellissima “Parole di ghiaccio” e gli album successivi, e al culmine del suo successo Emis poteva adagiarsi e continuare a fare pezzi d’amore, poteva diventare il Tiziano Ferro del rap e fare tanta, tanta moneta. A quel punto però ha deciso di dedicarsi alla cosa che sapeva fare meglio, cioè il rap nudo e crudo, senza mezzi termini… e l’ha fatto ad esempio con Keta Music vol. 3 e anche con l’album “17” con Jake La Furia. Proprio alla fine di Keta Music 3 Emis Killa dice una frase molto significativa:
“Nella vita ho fatto tante cose nel bene e nel male, ma questa è quella in cui ho creduto di più e a cui ho dedicato tutta la mia vita. Ecco perché sono immortale.
Direi che abbiamo ascoltato anche troppa merda negli ultimi anni, ristabiliamo l’ordine naturale delle cose, questo è il mio contributo”
E visto che non c’è modo di trovare una degna conclusione a questo articolo abbastanza sconclusionato (scusate il gioco di parole) mi sembra giusto chiudere il cerchio con il pezzo da cui ho preso spunto per il titolo: