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Vade Retro – Ep.2 | Il Turco: “Agli inizi ero snobbato dalla gente normale. Se scrivo ancora è perché ne ho bisogno”

Il rapper romano viene a farci visita per la rubrica dedicata all'old school

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Ritorna finalmente ‘Vade Retro’, la nuova rubrica di Hano.it dedicata ai rapper che fanno parte dell’old school della doppia h italiana. L’obiettivo è riportare alla memoria fatti, curiosità e pensieri che via via stanno rischiando di essere perduti per sempre. Per questo, la rubrica si occuperà di scavare nel passato più nascosto del rap italiano, facendo capire cosa e come veniva concepito questo genere circa 20/25 anni fa. Non si parlerà di pezzi, di album, di vendite o di click ma si darà libertà all’artista intervistato di spaziare fra le sue emozioni/sensazioni/ricordi, vissuti ben prima che il rap divenisse un genere ben riconosciuto. Prima di YouTube, prima di Spotify, prima dei locali blasonati, prima delle collane, prima dei dischi d’oro, prima del digitale, prima del cd e dell’mp3, prima delle mode.

Dopo Turi, il secondo episodio vede come ospite Il Turco. Nato nel ’77, Pietro Clemente muove i primi passi nel mondo dell’hip hop sul finire degli anni ’90. Roma è la sua patria ed è proprio tra le strade della città eterna che Sparo Manero creerà il suo background, che lo accompagna fino ad oggi. Tante le amicizie strette nell’ambiente e nella scena, tra cui le collaborazioni coi Flaminio Maphia, Dj Double S, Esa, Danno, Noyz, fino ad arrivare al progetto Gente De Borgata, realizzato con Dj Fester e Gufo Supremo. Diamo quindi il benvenuto al Turco e azioniamo la macchina del tempo per farvi partecipare a questo viaggio, tutto da vivere e da fare tutto d’un fiato. Vade Retro, Episodio 2.

Bella Turco, benvenuto sulle pagine di Hano.it. Perché credi che il nostro sito abbia pensato a te, per la seconda puntata di #vaderetro, la rubrica dedicata all’old school italiana?

Non saprei, forse per un fatto anagrafico!

Nella prima puntata, ho intervistato sir Turi. Vuoi dirgli qualcosa?

Bella Turuzzu!

Parliamo di te, da dove nasce il fuoco che ti porta fino ad oggi, ancora, a sputare rime e cattiveria sui palchi di tutta Italia? Come e dove hai conosciuto il rap?

Da quando ho capito il meccanismo, la scrittura è stata sempre un modo per sfogarmi, lo è ancora adesso, ne ho bisogno. Il Rap l’ho conosciuto più o meno come tutti quelli della mia età con le prime cose che arrivavano dalla tv, visto che internet non esisteva, penso di poter dire di aver imparato da solo, sbagliando e mettendoci la faccia. Sono ancora qua, mi ritengo fortunato.

Quali erano i pareri delle persone che avevi attorno quando hai cominciato a dare anima e corpo a questa scena, considerato che oggi fare rap fa figo, tanti anni fa, forse, era un po’ diverso? Puoi confermare questa sensazione?

Diciamo che dagli addetti ai lavori ho ricevuto sempre stima e stimoli, almeno per la maggior parte delle volte. Con la gente normale, invece, avendo sempre lavorato, ero costretto a spiegare la mia passione e quasi sempre non venivo capito. Ero sicuramente snobbato dalla gente “normale”. Comunque se la tua sensazione è che tanti anni fa fosse diverso, la confermo.

I social, lo streaming, youtube, per te, che vieni dalla vecchia scuola, sono cose che hanno aiutato il rap a crescere oppure credi abbiano contribuito soltanto a creare un po’ di caos nella scena? Alla fine, era molto più difficile per voi far arrivare i pezzi in giro per l’Italia…ma forse poi era più soddisfacente. Oggi, quanto è forte la scena italiana?

Io penso che internet e tutto quello che ne è derivato abbia aiutato nella crescita del tutto, ma in quanto un mezzo libero, internet è anche stato scenario di cose che si potevano risparmiare. Non esistono più le jam, che per come la vedo erano un modo per mettere a confronto tutti, stare insieme, poterci ritenere un “movimento”, quindi un qualcosa di forte. Ora c’è tanta individualità e mi viene un po’ difficile parlare di scena almeno intesa come “movimento”.

Turi mi ha detto “La maggior parte del rap di oggi non ha nulla di hiphop, perché ai rapper di oggi frega poco delle origini”. Quanto è stato determinante per te partire con una buona dose di cultura alle spalle? Cacciaci il nome di qualche disco storico da far ascoltare a ‘sti pischelli!

Crescere in un ambiente istruttivo è importante, mette le basi della persona che sarai. Io sono diventato così grazie alle persone da cui ho imparato e alla vita che ho vissuto. La prima immagine che mi è venuta in mente quando ho letto “Cacciaci il nome di qualche disco storico da far ascoltare a ‘sti pischelli!” sono io che per la prima volta su Yo! Mtv Raps vedo il video di ‘Passin’ me by’ dei Pharcyde, quindi ti dico il disco dove sta quel pezzo : Bizarre Ride The Pharcyde. Poi sempre di primo acchitto mi viene Muddy Waters di Redman…poi andate a cercarveli, i mezzi ci sono!

Parliamo di Rap’Autore. Il disco è una bomba e suona alla grande. Le sonorità dei pezzi riescono ad essere fresche ma comunque coerenti ai canoni della doppia h. Quanto è stato difficile partorire un lavoro così importante, nella scena di oggi, in un momento in cui di dischi come il tuo, ormai, se ne sentono ben pochi?

Fare un disco da solo è sempre impegnativo, uscivo da un periodo dove lavoravo in gruppo con i GDB e scrivere un album in tre è diverso che scriverlo da solo. Bisogna anche dire che da soli però ci si prende le responsabilità di quello che si dice e che si fa e non è necessario un confronto, se non con se stessi, quindi in un certo senso se si è convinti di quello che si sta facendo si va anche più spediti. Nel caso specifico, insieme a Ludo della Tak Production e Mr Phil, ci eravamo anche imposti dei tempi di lavoro in cui rientrare e l’abbiamo fatto. Sono contento che reputi il mio un lavoro “importante”, ti ringrazio! Per me sicuramente lo è stato e sta continuando a esserlo.

Roma. Roma è la tua patria, è la tua bandiera, è la tua casa. Ed anche la mia. Ho vissuto la scena Romana da sempre ed è quella che mi ha formato, coccolato e portato al massimo dell’amore per questa disciplina dell’hh. I GDB, insieme ai Corve, ai Flaminio e insieme a tutto il collettivo romano, fanno parte di un immaginario che forse, ora, non è più possibile. Non vedo più le città come patria di scene coese e decise a crescere insieme. Voi, invece, quanto eravate uniti e quanto vi siete spalleggiati a vicenda per arrivare ad essere delle realtà così grandi che ancora risuonano nell’etere del rap italiano? Quanto è stata grande ed importante Roma, per te, e per la scena in generale?

Roma sicuramente, tornando al discorso dell’ambiente istruttivo, è stata come una mamma, non avendo mai avuto una vera e propria famiglia, le strade di Roma mi hanno cresciuto e anche protetto in un certo senso. L’atteggiamento, l’approccio alla vita e il modo di pormi sono tipicamente Romani e devo dire di esserne felice! Non so quanto effettivamente ci siamo spalleggiati come scena, forse per come la vedo io avremmo potuto farlo di più, ma non è colpa di nessuno; sta di fatto che Roma ha avuto e ha tante realtà di spicco, ognuna con una sua forza. Mentre altre città avevano l’esponente, Roma ne aveva più di uno e lo stile romano si è sempre riconosciuto. Quello che sono è anche e soprattutto per merito (o colpa) di Roma.

Oggi, come dicevo poco fa, le città mi sembrano più divise, non c’è più una vera aggregazione e quella scena con una buona dose di sana competizione. A cosa credi sia dovuto questo cambiamento? Pensi che manchino quelle competizioni di una volta, che creavano realmente delle ‘serate rap’ e che permettevano di mettersi in mostra e farsi il ‘fisico’ di fronte al pubblico?

Guarda io credo nella competizione nella musica fino a un certo punto, nel senso che mi piace pensare che l’arte in generale sia espressione libera, dove la competizione è vista più come stimolo e confronto piuttosto che come gara a chi arriva primo. Sicuramente il confronto sta venendo a mancare, non ci guardiamo più tanto in faccia, stiamo chiusi dentro stanze col volto illuminato da un monitor pensando di fare tutto da là, ma purtroppo non è così.

Questa domanda te la devo fare. Che cosa ascolta oggi il Turco?

Tante cose! Se parliamo di rap il collettivo Griselda mi piace molto, in particolar modo Westiside Gunn. Anche la crew di Kendrick Lamar, da Schoolboy a Ab Soul e lo stesso Kendrick. Ascolto Lucio Dalla, Michael Jackson, Roy Ayers…ascolto tanta musica.

Tu sei anche cuoco, a quanto ho scoperto. Il rap e la cucina, cosa c’entrano uno con l’altro? E quale delle due cose ha influenzato l’altra?

Entrambi sono due mondi borderline, nel senso che, persone instabili trovano la loro stabilità all’interno di essi. Sono mondi faticosi dove è difficile ottenere soddisfazioni, ma quando ci si riesce valgono doppio. In cucina non conta se sei nero, bianco, egiziano, bengalese, drogato, nerd, grasso, magro, l’importante è che tu faccia funzionare la cucina, se lo fai puoi essere chiunque al di fuori ma li dentro sarai rispettato. Nel rap accade la stessa cosa, almeno per come la vedo io.

Spoileraci qualcosa. A cosa stai lavorando ora?

È uscito in questi giorni un singolo su YouTube e su tutte le piattaforme digitali, si chiama “Disco d’oro”, è prodotto da Mr Phil e sarà seguito da un altro singolo del quale, per ora, non dico altro. Sto lavorando e credo che seguirò questa modalità di uscita, magari è l’inizio di un nuovo disco.

Ti lascio così, senza domanda finale, libero di dirci quello che senti di voler dire. Grazie mille per il tempo e la pazienza! Bella Turco!

Vi ringrazio di aver dedicato spazio e tempo a me e al mio lavoro. Ringrazio le persone che lavorano con me e che credono in quello che faccio. Ringrazio quelli che mi ascoltano e mi supportano per permettermi di salire ancora su un palco e fare la mia cosa! Se beccamo presto.

Stateme bene! T.

Alessandro Diofebbo
Alessandro Diofebbo
Sono solo uno dei tanti.

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