Lo stile nell’abbigliamento come segno di appartenenza a uno specifico gruppo o ceto sociale è da sempre uno degli emblemi della storia, non solo della musica in generale e nello specifico dell’hip-hop, ma anche della cultura e della società. La moda cambia continuamente, si evolve, prende dal passato per rinnovarsi nel presente e reiventare il futuro e oggi più che mai nel nostro paese sono i rapper a dettare lo stile. Che rap e moda siano ormai un connubio per così dire vincente non è di certo una novità. Sempre più spesso i rapper italiani sono impegnati in shooting, campagne stampa e eventi legati ai più disparati brand nostrani e non, che si tratti di streetwear, di fashion o footwear poco importa, ormai sono loro a dettare le regole dello stile. Ogni volta che apriamo Intagram scorrono veloci le immagini che li ritraggono posare in diversi outfit e viene da pensare che ad alcuni la situazione stia decisamente sfuggendo di mano. Certo le cosìdette marchettate fanno comodo a tutti, da un lato portano soldi, regali e visibilità agli artisti e dall’altro fanno incrementare le vendite dei brand in questione che sfruttano la loro immagine e popolarità, ma vederli sempre ritratti in pose da fashion blogger di basso bordo a una certa come si suol dire ha anche un po’ stufato.
A tal proposito si è assolutamente distinto Salmo che di recente è stato protagonista di un video per Converse “Quando un artista fa un video per un brand la prima cosa che pensi è “ecco ha fatto la marchetta”. Questo non è uno spot pubblicitario. Ho fatto questo video perché il legame con le chuck70 è reale! Non è solo la mia storia, è la storia di tante persone” ha dichiarato il rapper sardo in merito alla collaborazione con il brand made in USA. Nel video, infatti, Salmo racconta con una suggestiva poesia l’ascesa di un ragazzino, suo alter ego. Il giovane si divide fra partite di basket e tagli di capelli, fino a raggiungere il suo vero obiettivo, quello di calcare un palco ed esibirsi per centinaia di persone. Il tutto ovviamente, con indosso le sue amate sneakers.
Affari d’oro con ragazzi dai 16 ai 26 anni attenti a copiare ogni dettaglio dei loro eroi musicali e spesso per l’industria della moda è più efficace un palco di una passerella per arrivare dritti al desiderio di shopping dei ragazzi. E se il rap è una musica irriverente, allergica al potere e alla forma, allora deve esserlo per forza anche l’immagine del rapper, ma quello che veramente accomuna tutti, soprattutto i giovani rapper è la loro passione sfrenata per la moda. Già, perché “Maglie di Armani / Le cinte di Gucci” sembrano essere le priorità per questi cantautori di strada, che sui loro profili Instagram potrebbero fare invidia alle numerose fashion blogger vestite normcore senza fantasia. Non è una novità che i rapper siano così attenti alle tendenze, lo sono sempre stati sia in Italia che soprattutto negli USA, ma la nuova generazione è diversa. Il loro stile, che richiama influenze internazionali, si riflette anche nel loro guardaroba, portando una ventata d’aria fresca al panorama musicale di oggi. I loro abiti, ormai, fanno parte della loro immagine, importante tanto quanto i loro testi al vetriolo: eccentrici, forse pacchiani e sopra le righe, sicuramente mai banali ma il loro stile è un’affermazione della loro storia, di quello che erano, che sono e che vogliono essere.
Va bene curare l’immagine e l’immaginario, va bene promuovere la propria musica, va bene arrotondare e sbarcare il lunario anche con le collaborazioni con il fashion system, ma se parlassero anche un po’di più di musica, se mettessero la loro musica, la storia del rap, il loro background, se pubblicassero un pezzo dell’artista straniero X che maggiormente ascoltano, o perché no anche di un libro o di un film che li ha colpiti e ispirati maggiormente non sarebbe male. E invece no. Sono sempre tutti lì, ogni giorno a posare in Nike, Adidas, Puma, Iuter, Gyvenchy, Gucci, Versace e chi più ne ha più ne metta. Si dice che la musica sia più importante dell’immagine, io credo che soprattutto oggi, l’immagine sia purtroppo più importante della musica, o che le due cose vadano di pari passo, è brutto da dire ma spesso e volentieri chi non ha una forte immagine viene lasciato indietro dal punto di vista musicale. E’ il caso di Izi e del suo “Pizzicato”, uno dei dischi migliori di quest’anno e uno dei più sottovalutati. Izi è una bomba per scrittura dei testi e tecnica, ma gode di molta meno fama del collega Sfera Ebbasta o della DPG e non per scarsa bravura, quanto per una mancanza di immagine e immaginario forti come quelli del rapper di Ciny. E questo è sicuramente uno degli esempi più lampanti di come l’abito faccia il monaco e di quanto lo stile oggigiorno sia fondamentale anche per avere successo nella musica, perché il talento pare non essere più sufficiente se ad esso non viene affiancata una forte immagine.
Il pubblico dal canto suo ha una totale mancanza di conoscenza di questo genere musicale, oggi si parla solo di apparire e non più di appartenere. In origine l’hip-hop era l’appartenere a una cultura, fatta anche di abbigliamento certo, di status symbol, ma era comunque una cultura a 360°, oggi è l’apparire ciò che conta maggiormente. Oggi siamo arrivati a un punto in cui di quella cultura è rimasto ben poco, in cui la musica stessa è diventata crossover, non c’è più il rap, non c’è più quel rap che abbiamo vissuto negli anni ’90 e nei primi 2000, c’è un mix di suoni nuovi e di altrettanti esponenti che cercano di spiccare non solo per doti musicali, ma anche e soprattutto per l’immagine. Il rap è moda e fa moda sui social, su Instagram, agli eventi, in passerella, sui palchi e per strada, tra la gente comune, tra i ragazzini che sentono di appartenere a qualcosa quando riescono a comprarsi quel capo che hanno visto indossare dal loro idolo, quando hanno la sua stessa pettinatura e i suoi stessi gioielli. Questa può essere definita comunque appartenenza, certo manca la cultura, il voler stravolgere le regole, il senso di rivolta con cui è nato l’hip-hop, ma noi siamo in Italia e anche i meno giovani non possono dire di sentirsi parte di una cultura non nostra, arrivata e importata nel nostro paese con anni di ritardo e adattata ai nostri usi, una cultura e un suono che non abbiamo nel DNA ma alla quale i cosìdetti puritani del rap dicono fieramente di appartenere. In realtà non sei hip-hop quando parli di hip-hop, quando indossi i baggy, il cappellino New Era, le Nike e il bomber, quella è solo l’immagine dell’hip-hop, sei hip-hop quando condividi i principi sui quali questa cultura si è formata, cultura della quale il rap è solo una delle discipline che ne fanno parte. Oggi non sei trap o rap o classic shit o come vogliamo chiamarla se indossi gli skinny, hai i capelli colorati, la cintura di Gucci e la pelliccia, sei trap se condividi i messaggi e i cambiamenti che questo genere musicale e i suoi esponenti hanno portato e stanno continuando a portare.
Quello che sicuramente manca oggi è un messaggio e una cultura forte e prepotente, gli artisti fanno musica che può piacere o meno, quello dipende dal gusto personale, chi più e chi meno cerca di trasmettere qualcosa con le proprie canzoni, ma quello che si vede dal pubblico è una totale indifferenza a quei messaggi, ai live sembrano automi con in mano un iPhone pronti a immortalare il momento per condividerlo sui social, come se non fosse tanto importante viverlo quanto far vedere di esserci, sembrano più interessati all’immagine del loro artista preferito che ai suoi testi. Ed ecco che l’artista dà al suo pubblico ciò che vuole: foto da fashion blogger, perché intanto lunghi post o storie sulla musica interessano a pochi. Tutto ciò ha scatenato il circo delle pagine “outfit” su Instagram, pagine interamente dedicate non alla musica, bensì all’abbigliamento. Ogni rapper ha la sua pagina outfit dedicata, alcune sono anche molto dettagliate con tanto di listino prezzi, perché oggi sembra che se non hai una di quelle pagine non sei nessuno. Certo, sono sicuramente gestite da adolescenti che vogliono assomigliare in tutto e per tutto ai loro idoli, ma questo è sintomatico di quanto le generazioni attuali siano sempre più attirate dall’immagine come appartenenza.
“Avere stile è molto più importante che avere soldi,” dice Kanye West nel documentario di Sacha Jenkins sull’hip-hop, “Fresh Dressed“, nel quale si evince quanto la moda debba all’hip-hop e di come lo stile possa essere portatore di espressione individuale. Ma dove finisce l’espressione individuale e dove inizia l’emulazione come senso di appartenenza? Alcuni artisti italiani, come per esempio Achille Lauro e Boss Doms sono sicuramente portatori di questo messaggio, insistendo su come le barriere, le gabbie e le convenzioni siano inutili e di come invece la diversità sia un punto di forza, altri, come Sfera Ebbasta, invece, sono riusciti a crearsi un’immagine forte e vincente arrivando a combinare perfettamente il proprio immaginario e stile con la propria musica.
Ma cosa resta al pubblico di tutto questo? Mi metto nei panni di un ragazzo di 16 anni e penso cosa gli resta dell’immagine di Achille Lauro, Sfera, Ghali, DPG & co? Forse la smania di avere i loro stessi vestiti, i denti d’oro, i gioielli, i capelli colorati per sentirsi parte di qualcosa di più grande e l’emulazione, la creazione di pagine Outfit su Instagram dedicate al proprio mito. Ma laddove le possibilità economiche della famiglia non siano le stesse di Sfera Ebbasta o del compagno di classe, cosa resta? La frustrazione di non essere come gli altri e la smania di voler arrivare a possedere qualcosa per sentirsi uguale agli altri, perché a questo punto credo che a pochi importino i racconti e gli esempi dei propri idoli che partiti da zero con pochi soldi sono riusciti a conquistarsi tutto quello che oggi possiedono e che vediamo sui social, credo che agli adolescenti interessi più il tutto e subito. Del resto i loro eroi musicali oggi sono lì, esposti in vetrina con migliaia di euro addosso, a chi importa com’erano 5 o 10 anni fa o i sacrifici che hanno fatto per arrivare dove sono oggi? Ovviamente a pochi, perché quello che realmente conta é il presente.
Il connubio moda e hip-hop ha sicuramente cambiato diverse volte le regole del gioco, sia nostrano che internazionale, sono lontani i tempi in cui i pantaloni baggy e le giacche di jeans viste indossate da afroamericani per strada sono arrivate in passerella, ma tutt’oggi sono molti gli stilisti che prendono ispirazione dal mondo rap per le proprie collezioni, i rapper a loro volta sono diventati delle vere e proprie icone di stile sia negli USA, sia ovviamente anche in Europa e in Italia e lo sposalizio trai i due mondi viaggia ormai su binari paralleli da tanti anni, ma nel momento in cui il rap in Italia esplode e si allarga a macchia d’olio, il tutto, dallo stile, alla moda, alla musica, arriva a coinvolgere sempre più persone e generazioni fino a diventare un fenomeno sociale e da social. La cosa preoccupante è di come in tutto questo vortice, l’unica a farne le spese sia la musica. E in questo, ancora una volta è un membro della Machete a distinguersi, Nitro, che recentemente ha detto basta ai social con la promessa che sarà la sua musica a parlare per lui, che sia l’inizio di una nuova social era? Del resto, proprio in questi ultimi giorni, sono molti gli artisti della scena rap che hanno eliminato quasi tutte le foto dai propri profili Instagram, sembra che la tendenza sia quella di tornare alle origini e di lasciare la musica al centro di tutto.