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Salviamo i cantanti da XFactor. Musica di merda purché si pianga.

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Nella mia pressoché totale e giustificatissima indifferenza è iniziato ieri Xfactor 11. Un programma così di successo da essere riuscito, ad oggi, a portare in trionfo 9 perfetti sconosciuti e un cantante che avrebbe sfondato anche cantando davanti all’Esselunga (Marco Mengoni). Lo stesso Linus, guru indiscutibile dell’industria radiofonica italiana, si è recentemente lasciato andare ad un parere decisamente negativo nei confronti del programma di Cattelan (unico vincitore di ogni edizione) e compagnia.

“…XF non esiste praticamente più, l’Italia sta tenendo in vita un moribondo. Non ricordo nemmeno chi ha vinto l’anno scorso o quello prima. Non è successo niente da Mengoni in poi, con l’eccezione di Francesca Michielin. Due che ce l’avrebbero fatta anche senza talent”

Ineccepibile. Mentre però, con le dovute eccezioni, questo è sempre stato un programma divertente e godibile, nonostante un concept musicale discutibile(le cover come termine di valutazione di un artista?), durante le ultime due edizioni, ho avvertito una netta ed inequivocabile svolta verso la tivù “del dolore” in perfetto Barbara D’Urso style. Una disperata e patetica ricerca di occhi lucidi a favore di telecamera, standing ovation come se piovessero e lezioni di vita da quattro soldi che a confronto i libri di Fabio Volo sono Kierkegaard. L’ultimo teatrino per il pubblico bue di Xfactor è andato in onda ieri sera quando tal Andrea Uboldi (in arte Mind) di 16 anni si è presentato sul palco per cantare la sua canzone “Telemachia”. Brano ispirato alla storia di Telemaco, il figlio abbandonato da Ulisse, e basato sul parallelismo con la storia personale del giovane cantante. 

Se da un lato è apprezzabile che un ragazzino di 16 anni sappia chi è Telemaco, dall’altro sarebbe da stronzi negare come il ragazzo non vada a tempo neanche per sbaglio e che questa sia una “canzone” ai limiti dell’inascoltabile. Il ritorno di Albano e Romina a Sanremo a confronto era Woodstock. Lo so che mi state dando dello stronzo o del frustrato che avrebbe voluto essere al suo posto in questo momento. Le solite argomentazioni da quattro soldi che vi insegnano all’asilo nei confronti di tutti quelli con una posizione netta diversa dalla vostra. La verità è che sto semplicemente cercando di offrirvi un altro punto di vista che non sia quello che passa attraverso lo schermo inutilmente grande delle vostre televisioni comprate a rate. Sono stronzo io che metto per iscritto che un ragazzino, per quanto struggente sia la sua storia, non sa cantare né andare a tempo o, invece, è stronzo chi sfrutta a tavolino una storia tragica soprassedendo su mille difetti tecnici pur di strappare una mezza lacrima o un mezzo punto di share? Inghiottiti e sputati dalla macchina in meno di 5 minuti. Grazie e arrivederci.

E’ da stronzi dire che in un programma con mille pre-selezioni, Andrea ha probabilmente tolto inconsapevolmente il posto a qualche rapper che sapeva perlomeno andare a tempo? Forse si, forse lo stronzo frustrato e fallito sono io.

O forse, i veri stronzi sono quelli che per cinque minuti danno a un ragazzino l’illusione di essere speciale quando invece non stanno facendo altro che banchettare sul cadavere della sua vicenda personale.

Salvate i giovani artisti dai Talent e le vostre figlie dei carabinieri. 

#Tavorsullasabbia

Diego Carluccio
Diego Carluccio
Diego Carluccio nasce, in tutta la sua presunzione, il 26 ottobre del 1990. Ora di pranzo. Essendo la modestia il marchio di fabbrica della casa, pare abbia dato suggerimenti e consigli su come affrontare il parto allo stesso medico primario. Volendo affossare l’insopportabile luogo comune secondo il quale “dai licei esce la futura classe dirigente”, si iscrive al liceo classico e, sebbene provi a farsi espellere e/o bocciare ripetutamente, consegue l’impareggiabile successo di diplomarsi in 5 anni con un sensazionale 60/100. Da segnalarsi la tesina di laurea: un mix di Ramstein, Marilyn Manson e Neonazismo. Iscrittosi per sbaglio alla facoltà di legge alla statale di Milano, rimane ripetutamente intrappolato all’interno di quel subdolo e tentatore tragitto che connette la fermata “Missori” e l’aula di Diritto Privato. Ritiratosi dai corsi a metà anno, dedica il resto della stagione 2009-2010 al fancazzismo professionistico. Desideroso di ottenere una laurea però, scegli la carriera universitaria che ha il maggior numero di punti di contatto con la disoccupazione perenne: nel 2011 si iscrive al Dams. Laureatosi con il voto di 99/110, in onore dei kg e del numero di maglia dell’idolo di infanzia Antonio Cassano, conclude la propria esperienza universitaria con un tesi dedicata a “Fabri Fibra” e al rap italiano. Prima tesina nazionale a contenere un numero di parolacce superiore a quello dei segni di punteggiatura. Come ogni buon “critico” giornalista che si rispetti, non manca, tra le esperienze del giovane Carluccio, un fallimento artistico. Firma nel 2015 un contratto discografico con una label minore sotto lo pseudonimo di D-EGO MANIA. Il disco “Non è un paese per rapper” riesce nell’ardua impresa di vendere meno copie dell’esordio discografico dei Gazosa. Ora vive a Londra, frequenta un Master in Digital Journalism e lavora nell’organizzazione eventi per uno degli hotel più lussuosi della capitale britannica, ma non preoccupatevi: la sua vera passione è dirvi quanto fate schifo. ALTRE COLLABORAZIONI: Rolling Stone, Noisey, Il Milanese Imbruttito

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