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Jack Sapienza: “Investirei nella musica. S A D W A V E è il mio concetto di vapor”

Il producer approda sulle pagine di Hano.it

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Noto produttore, sorretto dal team RKH, Jack Sapienza ha deciso di sopportare con grande pazienza le nostre domande. Fra una risata e l’altra, si è parlato di tutto: della musica, ovviamente, della scena hip hop italiana e internazionale, del lavoro di produttore e del suo nuovo progetto ‘vaporwave’ chiamato ‘S A D W A V E’. Buona lettura.

Ciao Jack, benvenuto! Iniziamo subito. Chi è Jack Sapienza?

Ahahah, è una domanda semplice ma in realtà complicata! Sono un produttore di musica in generale, mi sembra già difficile etichettarmi in qualche modo visto che sono contro le categorizzazioni già di mio. Diciamo che ho iniziato facendo il chitarrista, classico, tipo cover band, con la pretesa di fare pezzi miei che poi in quel momento era impossibile fare perché probabilmente non avevo la maturità giusta. Non che ora senta di averla! Ad un certo punto, sai quando senti la pulsione che ti arriva da dentro? A me è successo con la musica. Volevo solo suonare la chitarra, non importava come o dove. Poi però mi sono reso conto che non era solo la chitarra a darmi questa pulsione ma la musica in generale. Quindi ho iniziato a produrre, a suonare altri strumenti, a studiare la musica

Che musica ascolta Jack Sapienza? Sei influenzato da qualche genere quando produci?

Guarda, per me la base di ogni produttore è ascoltare più musica possibile. Infatti quando ho iniziato a farlo, ho cominciato a produrre cose che cominciavano a piacermi. Io non credo che si possa fare questo lavoro o comunque fare musica in generale senza avere una cultura approfondita. La cosa brutta di chi fa musica oggi è che, secondo me, ci si chiude un po’ tutti in una sfera, in un involucro dorato, dove ascoltiamo solo il genere di musica che facciamo. E in quel momento tu sei lì a sperare che la roba ascolti non ti piaccia perché ti vuoi sentire più bravo. Non ascolti cose per migliorarti, lo fai per criticare. Così ti chiudi troppo nel tuo mondo. Mentre l’unico modo per capire dove stai sbagliando, perché sbagliano tutti, è metterti in relazione con la musica degli altri. Io capivo di sbagliare il mix quando dopo averne chiuso uno mio, andavo ad ascoltarmi quello di un pezzo famoso. Quindi la base è ascoltare più musica possibile. Io invece ho un background profondamente indie. Ho iniziato ad ascoltare musica coi The Strokes o gli Incubus…insomma musica parecchio ‘suonata’. Da lì poi mi sono spostato su un genere leggermente diverso. Un disco che mi ha segnato è stato ‘Welcome Reality’ dei Nero, che era un po’ elettronico, un po’ dubstep, però fatto veramente bene. Poi magari mi sono spostato anche su altri generi. Diciamo che per me la musica è come le serie tv : più mi addentro, più mi piace; più ascolto, più ascolterei. È un peccato quando si cade nella, così la chiamo io, ‘cultura prefabbricata’. È troppo facile guardare i correlati di Spotify con 30 mln di views o chissà quante. È quella roba facile che ti arriva davanti agli occhi…tipo guardare la serie tv solo su Netflix : ti perdi tutto il resto. Invece è bello addentrarsi, andare a fondo, scoprire magari anche realtà indipendenti molto forti. Però devi cercare, altrimenti ti arriva quella cultura che è sulle ‘orecchie’ di tutti. Quindi concludendo ascolto tutto. Sono un secchione sia nella vita che nella musica!

Quindi ascoltando così tanta musica, vieni ovviamente anche influenzato da tutto questo.

Per forza. È impossibile uscire da questa cosa qua! Cioè, tu ascolti una roba e magari ci sono delle note che ti rimangono dentro, è una questione di passaggi, di passaggi armonici, che magari rifai perché quando le hai sentite ti hanno toccato. Quindi è come se tutto quello che ascoltassi mi si attaccasse dentro e diventa parte di me. E da lì attingo poi per produrre.

A proposito di produrre, cosa ne pensi dei produttori italiani della scena rap?

In Italia, secondo me, siamo delle macchine da guerra. Passando dalla storia, alla letteratura fino ad arrivare alla musica. Quindi io penso che il problema sia semplicemente il fatto di non crederci abbastanza. Guarda Gomorra, i pezzi di Luché, su YouTube, hanno tantissimi commenti in inglese, quindi vuol dire che si può esportare il Made in Italy. Non è detto che bisogna sempre importare dei prodotti stranieri, è possibile anche portare fuori la nostra musica. Io penso a Sfera e Ghali che comunque in qualche paese estero si stanno affermando…ognuno può farcela. Però ci deve essere la voglia e la pretesa di averne l’ambizione. Bisognerebbe creare progetti che non siano circoscritti al nostro paese e soprattutto che non imitino le cose che vediamo là fuori. All’americano cosa importa di ascoltare la copia di una roba americana? Questo è un po’ un peccato perché noi siamo bravissimi. Però una cosa devo dirla : secondo me a noi mancano le basi musicali. E questo perché?! Perché non la studiamo a scuola. Se noi studiassimo musica come studiamo l’italiano, probabilmente tanta roba che esce noi non potremo ascoltarla perché ci sono errori armonici abbastanza evidenti. È come se sbagliassi i tempi verbali durante quest’intervista! Poi secondo me il pubblico non ha una grande cultura musicale in grado di giudicare ciò che sente…e io mi ci metto per primo. La musica infatti l’ho studiata e la sto ancora studiando. Detto questo, io penso che ci siano dei prodotti fortissimi e stiamo raggiungendo un livello molto alto. Sarebbe bello, appunto, creare dei prodotti esclusivamente nostri, in tutto e per tutto.

Infatti volevo chiederti: l’America è sempre stata la patria dell’innovazione ma, ad oggi, pensi sia così avanti a noi?

Ale, facci caso…scusa faccio un po’ di geopolitica che sto preparando un esame su ‘sta roba! Io penso che uno stato, una nazione, non è forte solo da un punto di vista militare o politico, ma è forte quando esporta cultura. Se ci fai caso, nelle Olimpiadi chi vince più medaglie sono solitamente i paesi che in quel momento hanno un panorama geopolitico più interessante perché c’è più investimento. Per esempio c’è il figlio del bassista dei Metallica che a 12 anni sta facendo il tour coi Korn, è una roba assurda! Io a 12 anni giocavo a Pokémon e raccoglievo Pikachu nell’erba alta! Cioè, secondo me è una questione culturale. Quindi per me sono più avanti perché c’è più investimento su quello. Io fossi il presidente della Repubblica vorrei investire sulla cultura. Noi il massimo che riusciamo ad esportare è la mafia. Tutti ci riconoscono nel mondo perché siamo famosi per la cucina, per la pizza, e la mafia. Cazzo, perché non investire anche sulla musica? Qui è difficilissimo vedere qualcuno che emerge prima dei 18 anni, durante il periodo del liceo, e se emerge non ha la testa giusta. Perché non c’è la cultura dell’arte. Io, per esempio, a scuola le tavole le copiavo invece disegnarle io. E la Prof se ne accorgeva ma se ne sbatteva i coglioni! Però questo è il senso : se siamo indietro è perché non c’è investimento. Se a sedici anni hai un prodotto che ti permette di girare l’italia perché suona bene, a ventisei sei un mostro della musica! Se questa cosa non accade, rischi di arrivare dieci anni dopo e che ti freghino gli altri. Per esempio, io vedo tanti ragazzi che vengono a registrare in studio e sperano di fare un pezzo che faccia 1 mln di views. Io vorrei dirgli : “Ma sai quanta merda devi mangiare, sai quanto devi faticare per raggiungere qualcosina che ti dia una soddisfazione, anche piccolissima?“. Quindi è inutile pensare così. Io, per esempio, non ho ancora concluso un cazzo. Ma se avete voglia di fare qualcosa, prendetela, fatela, sbatteteci la testa, ascoltate tutta la musica che potete, metteteci dieci anni ma cercate di fare un prodotto che sia interamente vostro e che vi piaccia davvero.

Leggendo un’intervista di Charlie Charles, lui stesso ha detto: “Una bella voce senza base non te l’ascolti, una bella base senza voce sì”. Sei d’accordo?

Sono d’accordo in parte. Ci sono delle voci che fanno veramente paura. Ad esempio se ascolti White Hinderland, che tra l’altro è un campione che ha usato Skrillex, ha una voce da paura. Quindi dipende. Generalmente penso però che in parte sia vero. Con una base hai sicuramente più possibilità di esprimerti perché ci sono più elementi, mentre la voce è un elemento solo quindi è più difficile. Però è sbagliato anche dire che con un solo elemento non si può fare una canzone. Per me conta sempre come le fai le cose. Penso ai 21 Pilots che adesso hanno fatto una raccolta di pezzi solo voce ed esce molto di più la bravura del cantante. E lui ha una voce bellissima nonostante non abbia una grande gamma di frequenze a disposizione. Anzi, consiglio anche a qualche fonico di ascoltare i loro mix perché sono fenomenali!

C’è qualche artista in particolare che vorresti produrre?

Questa è una domanda ancora più complessa! Diciamo che in Italia mi piacerebbe tantissimo fare qualcosa…ma dai, non lo dico perché non avrebbe nemmeno senso! Ci sono tanti artisti fortissimi qui. Però, sparando in alto, mi piacerebbe allacciare le scarpe al fonico degli Incubus! Vorrei vedere cosa fa, cosa nei software, cosa usa per fare quei lavori! Diciamo che tengo a fare il mio percorso e dove mi porterà la testa poi vedremo. Inutile fare il toto rapper che reputo una cosa fine a sé stessa.

Adesso però parliamo di ‘S A D W A V E’. Come nasce il progetto?

Ti dico, è una roba nata un po’ per gioco e così sta continuando! È bello che sia così! È bello anche vedere, ironicamente parlando, che chi ti ascolta deve sempre trovarti un’etichetta, un ruolo. Ho un amico che a volte mi condivide le cose sul mio profilo e una volta ha scritto che questo era un progetto vaporwave. Diciamo che non è sbagliato perché l’intento è quello e ci sono tanti elementi che vanno a braccetto con questo genere. Vuoi per i synth, vuoi per i cartoni anni ’90 o un sapore retrò, esatto! Quindi un po’ fa parte della vaporwave, sicuramente, però lo è più ideologicamente piuttosto che dal lato del genere e dei suoni. Per quanto mi riguarda sono un po’ terrorizzato da certe dinamiche umane, diciamo così, perché la generazione di oggi ha tanto ma vede poco. Siamo un po’ accecati da delle cose effimere che di fatto valgono poco rispetto ad altre. Chiudiamo il nostro mondo in una mano. Internet per esempio doveva unire il mondo e renderlo più piccolo mentre in realtà sembra che diventi sempre più grande e incomprensibile. Penso ad un monologo di Louis CK che fa l’esempio di avere il wifi su un aereo : dovresti essere strabiliato di averlo. Questa è la cosa più vaporwave del mondo. E invece magari per un attimo non funziona e ti arrabbi. Cioè, è una cosa che non avevi e non ne conoscevi magari nemmeno l’esistenza e adesso vai in ansia perché non ce l’hai. Questa è la distinzione fra vaporwave e ‘S A D W A V E’.

I cartoni anni ’90. Perché?

Perché si parla di un’epoca passata, dove non era ancora tutto digitale ma c’era qualcosa di analogico, qualcosa di più ‘fisico’, reale. Infatti abbiamo tolto tutte le parti divertenti dei synth, così da non mostrare la parte più ‘spensierata’ lasciando invece spazio alla depressione generazionale. Per inciso : io non sono un depresso e non so nemmeno cosa si provi ad esserlo. È chiaro che anche io ho momenti no ma da cui poi riesco a rialzarmi tranquillamente. E da qui nasce poi la musica che so fare, con influenze vapor, che diventa poi ‘S A D W A V  E’.

Quindi, ad un certo punto, hai sentito l’esigenza di avvicinarti a questi suoni per il tuo progetto?

In realtà è nato il primo pezzo e poi l’idea di farlo. Ho fatto un beat, un pezzo che mi piaceva. Poi ascoltavo da un po’ quei suoni simili alla vapor anche se secondo me non c’è un genere preciso. Per esempio sotto ai miei pezzi leggi molti commenti che scrivono “eh, ma questa non è vaporwave, è chill trap…“, capito, chi se ne frega di dover categorizzare, collocare, magari la vapor nemmeno la conoscevi! Magari un tuo amico ti ha fatto sentire un pezzo vapor che suona diverso dal mio e per te non può essere assimilabile allo stesso genere. Per esempio mi piacciono molto gli ‘Home’ che effettivamente fanno roba anni ’80…quindi ho fatto questo pezzo, ho provato a metterci sopra quella roba synth insieme ad Andrea Dipa, che è il mio videomaker, e mi sono reso conto che era figo. Ovviamente per me!

…e comunque è uscito un prodotto abbastanza nuovo per la scena italiana di oggi.

Sì, infatti sono parecchio contento. Per me era una valvola di sfogo, non mi ero mai messo a fare roba prettamente mia. Ho sempre fatto roba per gli altri o comunque da molti anni a questa parte. Mi è piaciuto il risultato, sono soddisfatto. Il succo di questa cosa è che lo faccio perché ne ho bisogno io. Non ha senso farlo per dimostrare qualcosa perché quando inizi a farlo è il momento in cui l’arte muore. Come quando lo fai per i likes, per le views…e tutti ci facciamo intrappolare da questo. Alla fine ne rimane che il tuo progetto è privo di ciò che volevi comunicare, fare o suonare quindi non ha senso. È una trappola da cui nessuno ne è esente. È una cosa che ti tocca. Questo è anche un po’ il progetto vaporwave : fare questo per le views è follia. Non fraintendermi, se ci sono ben venga! Ma io lo faccio perché mi viene così in quel momento.

È più difficile produrre per sé stessi o per dei rapper?

Io ti dico che questo è un argomento di discussione che mi riguarda da sempre, è una cosa che mi chiedo tutti i giorni. Io sono il peggior nemico di me stesso, un po’ tutti siamo sempre critici verso il nostro operato. Quindi per me è già difficile mettersi d’accordo da soli. Tante volte se ti metti a lavorare mentre sei di cattivo umore, ti farà comunque tutto schifo. Diciamo che lavorare con sé stessi è come lavorare con un serial killer con le mestruazioni che ti rompe i coglioni. È come lavorare con un’altra persona che non puoi controllare perché poi ti fai prendere dall’emotività. Allo stesso modo lavorare con gli altri è ugualmente un inferno. Perché tante volte non sanno cosa vogliono fare. Tanti artisti non hanno la più pallida idea di cosa vogliono fare nella vita. Per cui, tu puoi metterti sotto e spaccarti la testa su un progetto quanto vuoi ma alla fine non ti verrà mai nulla di buono. Invece se l’artista ha le idee chiare, in quel momento diventa semplicissimo perché sai dove andare a parare. Io penso che il buon produttore deve saper consigliare l’artista perché magari ha una cultura musicale importante tanto da poterlo indirizzare. Però se l’altra persona non ha la minima idea di cosa vuole, finisci per fare ciò che piace a te. E lui non sarà mai soddisfatto. Quindi penso che produrre qualcuno sia un vero e proprio matrimonio. Non è proprio una risposta quella che ti ho dato, cioè ci sono dei lati simili ma alla fine è completamente diverso! Tu da solo prima o poi ti accontenti, che ne so, tipo masturbarsi! Ci sono anche quelli che non si piacciono mai e infatti non puoi proprio lavorarci. Però parliamoci chiaro : il pezzo perfetto non esite, tu non lo farai mai. Ma il pezzo perfetto deve essere sempre il prossimo che farai. Se ti fossilizzi sui pezzi che hai fatto cominci ad odiarli. Qualsiasi cosa dopo un po’ finisci per odiarla. Anche sentire sempre ‘Paradise Circus’ dei Massive Attack che è un pezzo fantastico. Anche la tua fidanzata!

Come si dà il titolo ad un pezzo strumentale?

Io il nome ad una strumentale lo do in base alle influenze di quel periodo : in base a ciò che ascolto o in base a ciò che guardo. Funziona così un po’ in tutto. Per esempio, ho visto una serie che è un capolavoro che si chiama ‘Utopia’ e tutti i nomi o la colonna sonora mi ispiravano per dare dei titoli. Quindi il mio metodo è questo. A volte prendo addirittura il nome del campione che ho usato per la base!

Ci sarà mai qualcuno che canterà su questi pezzi strumentali?

Mah, in questo momento non ho questo progetto in mente. Ho un po’ paura di finire nel loop bastardo che si potrebbe venire a creare aggiungendo una voce ad un mio pezzo. Magari quel pezzo comincia ad andare più degli altri e allora cerchi qualcuno anche per il prossimo. Perché se li fai cantare tutti allo stesso, allora fai un disco. Quindi per ora sto cercando di prendere campioni di voci famose e non, pitcharli e sentire come viene. Questo secondo me è un concetto vaporwave. Ovviamente non lo faccio con tutti i pezzi, in alcuni non c’è nessun campione. Quindi per ora non c’è alcun progetto a meno che non arrivi qualcuno a chiedermelo. Anche se sono molto geloso del mio lavoro! In quel caso deve essere un artista che adoro proprio!

Uscirà mai la copia fisica del tuo ep?

No, non credo, l’ho messo su Spotify ed è già una cosa in più. Forse più avanti lo includerò in una cosa più seria, più grande, magari una raccolta.

Ti lascio le ultime righe per dire quello che vuoi a chi leggerà questa intervista!

Diciamo che ci terrei, come ho già detto, a far rendere conto a tutta la musica italiana del suo potenziale per creare dei prodotti competitivi e forti. Quindi non limitiamoci a chiuderci nel nostro stanzino non rendendoci conto che fuori c’è un mondo che può ascoltare anche roba italiana. E io sarò il primo a far tesoro di questa cosa. Tutto qui. Penso di aver detto anche un sacco di cose! Grazie mille per questa intervista!

Ascolta S A D W A V E su Spotify

Alessandro Diofebbo
Alessandro Diofebbo
Sono solo uno dei tanti.

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