Gionni Gioielli - Foto di Fabio Zito
“Al disco nuovo ho iniziato a lavorarci una decina di giorni fa, ho fatto quattro pezzi oggi ne ho scritto un quinto. A settembre è pronto…si chiamerà Pornostar”.
È passato poco più di un anno da quando Gionni Gioielli, personaggio di culto e indiscutibile opinion leader del rap italiano, ha pubblicato “Young Bettino Story”.
Un disco che doveva rappresentare il canto del cigno di un artista che, con quello che nel frattempo era diventato il rap italiano (o presunto tale), aveva poco a che spartire. Come ha detto Gioielli stesso “ho fatto il mio disco e poi pensavo di togliermi dai coglioni, questo era il mio piano.”
E invece… E invece “YBS” è diventato una piccola gemma del rap indipendente made in Italy. Moltissime recensioni positive dal pubblico e addetti ai lavori, incluso l’illustre endorsement di Franco126 in un’intervista.
La risposta è stata così positiva da fargli cambiare idea e spingerlo a produrre altri tre dischi indipendenti: MOMA con Blo/B, Anonima Sequestri con Lil pin, e Michele Alboreto, l’ultimo.
“Erano riusciti addirittura a convincermi a fare un producer album. Ho mandato i beat a una decina di rapper ma, come da copione, me ne sono tornati indietro con la strofa solo due. Ai rapper devi stare dietro, pressarli, io non ne ho più voglia…”.
Proprio così è nato Michele Alboreto, disco che ha visto tra gli altri la partecipazione di Armani Milano, un giovane rapper scoperto e lanciato da Gioielli stesso tramite un contest online da lui indetto qualche mese fa.
“Mi ha mandato la sua strofa, ai tempi lui non si chiamava manco così, ma siccome non mi aveva scritto il nome e il file si chiamava Armani Milano, ho deciso di ribattezzarlo. E’ bravo, ha 23 anni. La gente sono 10 anni che mi dice che non sono hip-hop quando sono l’unico che mette le strumentali in free download e tira su un artista dal nulla. Trovalo uno più hip-hop. Questo è hip-hop per me. E’ divertimento”.
Quando si ascoltano i dischi di Goielli si ha sempre la netta impressione che siano dominati dall’istinto, dal vibe del momento e che non vi sia molto spazio per la programmazione, la promo o tutte quelle “rotture di coglioni”, come le chiamerebbe lui, tipiche di chi deve fare rap per pagare il mutuo.
Con Pornostar, le cose sembrano non essere cambiate, sia in termini di programmazione sia per quanto riguarda i videoclip, sempre grandi assenti di questa seconda “golden age” dell’artista made in Adriacosta.
“Io faccio tutto a cazzo. Faccio quello che mi prende bene, mi metto lì coi sample che mi piacciono, mi metto a scrivere le mie stronzate… giusto i featuring cerco di pensarmeli prima. Di video non ne faccio. Mi piacerebbe farne uno figo con una bella storia ma non ho voglia.
Siccome di fare un video in cui mi compro le scarpe e la camicia non so che farmene, se devo spendere 3000 euro per un video preferisco fare un viaggio…”.
Parlando con lui poi, è quasi impossibile non finire a parlare di musica in generale o dello stato di salute attuale della scena italiana.
Così, a poche settimane di distanza dalla pubblicazione del Machete Mixtape era inevitabile che si finisse a parlare dell’ultima opera di Salmo e soci.
“Mi fa cagare. Ma se è per questo mi aveva già fatto cagare Playlist. Non dico che siano fatti male anzi, sono fatti benissimo. Semplicemente a me quella roba non piace, mi fa cagare ascoltarla”.
Ed è proprio la stroncatura del disco del momento che spinge il rapper ad analizzare con estrema lucidità il complesso rapporto che molti artisti sembrano avere con la possibilità che il loro disco non possa necessariamente piacere a tutti.
“In Italia se dici che il disco di qualcuno non ti piace la gente pensa che li stai infamando come persona e ti dicono ti ammazzo figlio di puttana. Sono così scarsi a fare i dissing che devono minacciarti a botte…
Se ti dico che hai fatto un disco di merda cosa sarà mai? il mondo è pieno di dischi di merda…”
La conversazione poi, come spesso accade le persone che hanno sempre qualcosa da dire, ha migrato verso argomenti più stimolanti del rap italiano come l’NBA (“Sono super gasato per la nuova stagione NBA, tutti questi cambi di maglia…è la lega più figa del mondo. Sia mai che anche il calcio impari qualcosa. Dovrebbero fare una super lega anche loro…”) o come un presunto dissing che Fabri Fibra avrebbe rivolto allo stesso Gioielli nel lontano 2013.
Il brano era “A me di te” contenuto nel disco Guerra e Pace e, effettivamente, nella seconda strofa c’è un passo che sembra davvero rivolgersi al rapper di Adriacosta.
Il sangue ci ribolle, il vero rap non parla di gioielli
E di assegni bancari finché spendi soldi di famiglia
Come i gioielli, dopo di che sistemerai le cipolle sopra i bancali
Come si fa a dire che il riferimento sia a lui? Gioielli ha un passato nel mondo della ristorazione, il che spiegherebbe la rima sulle cipolle e i bancali… sti cazzi, raccontato da lui fa ridere e della veridicità della cosa frega poco.
“Anni fa, quando ero in giro con Adriacosta mi veniva spesso chiesto se fossi ricco di famiglia e non riuscivo a capire perché. Io non ascolto molto il rap italiano e Fibra lo ascolto anche meno, non sapevo nulla ne della rima ne del pezzo.
Non so se è vero, però fa ridere perché sentendo le parole sembra davvero parli di me ma poco importa, sarebbe divertente chiederglielo. Una volta avevo il numero, eravamo amici, nel 99… hai presente quando faceva rap bene?” Ride.
Gionni Gioielli, clonatelo. Aspettando Pornostar.