EUROBASKET: Italia-Lituania 85-95… Amarezza e Palle Perse
Ci sono partite che è difficile commentare. Solitamente sono quelle che perdi. Ma un serio professionista si asciuga le lacrime e non fa mancare il suo articolo. Quindi andatelo a chiamare.
Una volta sola nella nostra storia abbiamo battuto la Lituania. Era la semifinale olimpica di Atene 2004. La Lituania era difficile da battere quanto pronunciare la rosa dei giocatori senza impappolarsi la lingua: Zukauskas, Macijauskas, Stombergas, Siskauskas, Zukauskas, Jasikevicius, Javkotas. Tutta gente con un sacco di esse nel cognome e un sacco di Euroleghe sulle spalle o nel futuro. Ma noi eravamo quelli ignoranti e testardi. Quelli pazzi che mettevano tiri impossibili. Eravamo Pozzecco e Basile, Soragna e Marconato, Bulleri e Galanda.
Oggi siamo forse più ricchi di talento ma meno capaci di fare la cosa giusta nel momento più intenso. E il basket è uno sport complesso ma semplice nel concetto: se giochi meglio dell’avversario, vinci. Se perdi giocando bene, vuol dire che qualche cazzata qua e là l’hai fatta di sicuro.
Stasera partiamo male in difesa per un concetto tecnico/tattico di difficile comprensione: gli altri sono più grossi. Certo è semplice se hai uno come Valanciunas, che è il nuovo armadio a sei ante del catalogo Ikea. Se poi ci aggiungi gente che sa tirare da tre meglio di come pronuncia il proprio nome, hai vinto. Tipo Kuzminskas o Maciulis, uno che è passato dall’Italia senza lasciare troppo il segno e che ora solleva trofei al Real Madrid, manco fossero i panni da stendere. Forse non era ancora così maturo o forse è stato allenato da somari che non lo hanno capito per nulla. Come, uno di questi era Pianigiani? Ops.
All’improvviso però scendiamo in campo con la faccia giusta e cominciamo a fare giocate che ci esaltano, soprattutto dalle seconde linee: ottimo Aradori, grande Cusin (nonostante sia la versione tascabile di Valanciunas, riesce a dargli filo da torcere) buon lavoro e sacrificio da parte di Melli e Cinciarini. Tutta gente che nel secondo tempo non vedrà il campo. Grazie a questi e a qualche tripla di Belinelli in versione “ho visto la Madonna” (ed ecco spiegata la sua tipica espressione) chiudiamo il primo tempo sotto di 1.
Nel secondo tempo partiamo male e i lituani prendono il largo. Ma Gentile prima, con un paio di giocate da schiacciasassi e Bargnani poi, quando finalmente capisce che lo scopo è infilare il pallone nella retina e non sbatterlo continuamente sul ferro, riagganciano i baltici. La partita è talmente bella che viene quasi voglia di fregarsene delle tifose lituane inquadrate sugli spalti. Fortunatamente accanto a loro c’è sempre un umanoide che ti fa sentire bello e intelligente e riesce a farti tornare alla partita.
E se in attacco Bargnani e Belinelli ti fanno godere come un riccio, la coperta è corta e in difesa ti fanno incazzare come un istrice. Così, a furia di prenderlo nell’aculeo, ci ritroviamo sotto a pochi minuti dalla fine, quando Hackett si ricorda per la prima volta dall’inizio dell’Europeo di essere un giocatore di basket e un signor difensore. Così, piazza un paio di giocate difensive che regalano a sua divinità Danilo Gallinari la possibilità di pareggiare a pochi secondi dalla sirena.
Ci sarebbe anche la possibilità di vincerla a 10 secondi dal termine, ma Gentile si infila con la 4×4 in una stradina stretta e buia dove puoi uscirne solamente in retro con il vecchio che ti fa segno con la mano “vieni, vieni”... e non ne esce nulla di buono.
Nei supplementari l’Italia ha la lucidità di mio nonno dopo il decimo bianchino e la lingua sotto le scarpe dopo che quelli freschi erano seduti comodi in panchina. La Lituania più cinica e spietata ci rimanda a casa con la consolazione di essercela giocata e l’amarezza di chi poteva fare un passetto in più verso il sogno.
Ma come dice giustamente Gallinari a fine partita “Ne ho piene le balle di perdere”. Gallo, uno di noi.