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10 sfumature di Oscar

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Considerazioni non richieste sulla notte degli Oscar.

1) Sono 3-4 anni a questa parte che la cerimonia, per livello di emozioni e divertimento, ha più cose in comune con le repliche del tenente Colombo su Rete 4 che con quella che dovrebbe essere “la notte delle stelle”. Prosegue la tradizione dello scegliere conduttori che ridono da soli alle proprie battute.

2) Gli studi rivelano che parlare male di Trump è scientificamente il modo migliore per prendere applausi durante un discorso. Poco importa se chi parla di “barriere che non dovrebbero esserci”, lavora ad Hollywood e rappresenta una corporazione che in quanto a sessismo, classismo e razzismo ha poco da invidiare anche al KKK. Il mondo ha comunque deciso di adeguarsi creando nuove strategie difensive: “Si vostro Onore, ho ucciso mia moglie. Di questo Trump che vuole alzare un muro con il Messico (senza sapere che esiste già) non diciamo niente?” Applausi, rilascio immediato e giro d’onore in Bentley attorno al tribunale.

3) Il desiderio di riprendersi dopo lo svarione dello scorso anno con gli artisti di colore ha portato ad uno spirito di compensazione esilarante. Premiato anche il parcheggiatore della serata, il ragazzo del chiosco di pollo fritto all’angolo e lo spacciatore seduto in ultima fila.

4) Denzel Washington che finge di essere incazzato per gli Oscar quando in realtà sta pensando alla formazione di Pioli in Inter – Roma è la vera copertina di questa serata. Scherzi a parte, dispiace. Casey Affleck si è confermato con un’interpretazione di altissimo livello che è l’unico motivo per cui è impossibile gridare allo scandalo. Rimane il dubbio però che il buon Denzel lo meritasse di più. In basso la clip in cui si chiede perchè Gabigol non sia titolare.

5) Persa un’altra occasione per premiare Mel Gibson alla regia a testimonianza di come parlare male degli ebrei sia il metodo più rapido ed efficace per finire a telelombardia. #Karmaletale

6) Mentre in America si discute su Affleck Vs Washington, le bimbe minkia italiane, sempre sul pezzo, si strappano i capelli per la mancata premiazione di Gosling sbilanciandosi in paragoni con Di Caprio. Bene ma non benissimo. Dare un Oscar al giovane Hercules sarebbe davvero troppo.

7) Oscar ad Emma Stone prevedibile come un rigore negato all’Inter. Lascia perplessi la scelta di non candidare Amy Adams per Arrival. Ci siamo dovuti invece puppare la 356ima nomination inutile per Meryl Streep #OscarsaresoMAFIA. Ma torniamo a parlare male di Trump.

8) Prima della cerimonia mi ero sbilanciato su come LaLaLand fosse un film da non più di 5-6 Oscar, alla faccia di quei ritardati che ne parlano come se fosse il Vangelo. Un buon film, paraculo al punto giusto e consacrato anche grazie all’assenza di una degna competizione. Sono pronto a sostituire il pendolino di Mosca.

9) LalaL’altro. La statuetta consegnata per sbaglio a Lalaland mi ha ricordato quella volta che una tipa me la stava per dare per poi cambiare idea e tornare dal fidanzato. Anche nel mio caso, come in questo, stavo già “alzando la mia statuetta” e ringraziando mio padre e mia madre per aver sempre creduto in me.

10) Moonlight miglior film is the new Peppe Mascara pallone d’oro.

Diego Carluccio
Diego Carluccio
Diego Carluccio nasce, in tutta la sua presunzione, il 26 ottobre del 1990. Ora di pranzo. Essendo la modestia il marchio di fabbrica della casa, pare abbia dato suggerimenti e consigli su come affrontare il parto allo stesso medico primario. Volendo affossare l’insopportabile luogo comune secondo il quale “dai licei esce la futura classe dirigente”, si iscrive al liceo classico e, sebbene provi a farsi espellere e/o bocciare ripetutamente, consegue l’impareggiabile successo di diplomarsi in 5 anni con un sensazionale 60/100. Da segnalarsi la tesina di laurea: un mix di Ramstein, Marilyn Manson e Neonazismo. Iscrittosi per sbaglio alla facoltà di legge alla statale di Milano, rimane ripetutamente intrappolato all’interno di quel subdolo e tentatore tragitto che connette la fermata “Missori” e l’aula di Diritto Privato. Ritiratosi dai corsi a metà anno, dedica il resto della stagione 2009-2010 al fancazzismo professionistico. Desideroso di ottenere una laurea però, scegli la carriera universitaria che ha il maggior numero di punti di contatto con la disoccupazione perenne: nel 2011 si iscrive al Dams. Laureatosi con il voto di 99/110, in onore dei kg e del numero di maglia dell’idolo di infanzia Antonio Cassano, conclude la propria esperienza universitaria con un tesi dedicata a “Fabri Fibra” e al rap italiano. Prima tesina nazionale a contenere un numero di parolacce superiore a quello dei segni di punteggiatura. Come ogni buon “critico” giornalista che si rispetti, non manca, tra le esperienze del giovane Carluccio, un fallimento artistico. Firma nel 2015 un contratto discografico con una label minore sotto lo pseudonimo di D-EGO MANIA. Il disco “Non è un paese per rapper” riesce nell’ardua impresa di vendere meno copie dell’esordio discografico dei Gazosa. Ora vive a Londra, frequenta un Master in Digital Journalism e lavora nell’organizzazione eventi per uno degli hotel più lussuosi della capitale britannica, ma non preoccupatevi: la sua vera passione è dirvi quanto fate schifo. ALTRE COLLABORAZIONI: Rolling Stone, Noisey, Il Milanese Imbruttito

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