La storia dietro le 5 cover di “Things Fall Apart” dei Roots!
Il prossimo 23 Febbraio il quarto disco di studio dei The Roots compirà 20 anni: “Things Fall Apart” può senza dubbio essere considerato uno dei capolavori del Rap di fine anni ’90-2000, vantando produzioni – oltre che della stessa band dei Roots, capitanata da Amir Questlove Thompson – anche di J Dilla e Scott Storch, che co-produsse la splendida “You Got Me” con la partecipazione di Eve e Erykah Badu.
Una curiosità riguardo a “Things Fall Apart” – che probabilmente pochi di voi sapranno – è che il disco, per un brevissimo periodo di tempo, è stato disponibile sul mercato con 5 (ebbene si, cinque) cover in edizione variant.

Per qualche anno, lo ammetto ho cercato nei vari stores online, nei mercatini, nei negozi di dischi queste 5 versioni differenti, cercando di capire e di comprendere il perché di questa scelta commerciale e comunicativa, fino a che – in occasione del 15esimo anniversario della release del disco – lessi un articolo di Kenny Gravillis, (titolare della Gravillis Inc, compagnia di visual communications che si è occupata di molteplici cover musicali legate alla musica black, prima per la Def Jam e poi per la MCA Records) che spiegava come andarono le cose.
Considerato da molti uno dei dischi di svolta nel cosiddetto “conscious Hip-Hop” o addirittura “alternative Hip-Hop”, “Things Fall Apart” si affaccia sul mondo in un periodo di grandi cambiamenti economici e sociali ma – nonostante tutto – l’idea della cover è stata quella di rappresentare attraverso 5 foto quello che di male fu fatto negli anni, definito dai Roots e dallo stesso Gravillis il “Visual Failure of Society”.
Le foto sono tutte toccanti (dopotutto, il titolo del disco è chiaro: “le cose vanno a rotoli”, per utilizzare un italianizzazione “forzata”): una chiesa distrutta da un incendio, un bambino che piange davanti alle rovine di Shanghai durante la Seconda Guerra Mondiale, il cadavere di un boss mafioso ucciso e la foto che tutti voi conoscete, ovvero due persone di colore rincorse dalla polizia durante una rappresaglia in un quartiere newyorkese.

“Things Fall Apart” – Riot Cover
Intorno agli anni ’60 gli Stati Uniti sono stati terreno di lotte per i Diritti Civili degli Afroamericani (basti pensare ai Black Panther).
Questa foto – poi scelta per essere la principale cover del disco – è stata scattata nel quartiere di Brooklyn di Bed-Stuy e rappresenta delle persone di colore che fuggono dalla polizia.

“Things Fall Apart” – Ace Cover
Era il 1931 quando il boss mafioso italo-americano Giuseppe “Joe” Masseria venne ucciso da Bugsy Sigel in un ristorante di Coney Island, NY.
Ironia della sorte il cadavere è stato fotografato con un asso di picche stretto tra le dita. Come specificato da Gravillis durante le sue interviste, “non sempre avere un asso porta buone cose”.

“Things Fall Apart” – Infant Cover
Questa foto vede un bambino piangente davanti alle rovine di Shanghai. dopo il bombardamento che ha devastato la città cinese durante la Seconda Guerra Mondiale.
La foto è di H.S. “Newsreel” Wong, scattata nella South Railway Station e rappresenta la distruzione lasciata dopo la guerra, in particolare è divenuta nel tempo simbolo della distruzione Giapponese in terra Cinese.

“Things Fall Apart” – Church Cover
Durante la ricerca fatta, il team di creativi di Gravillis si è imbattuto in questa immagine: una chiesa distrutta da un incendio, con all’interno dei pompieri che stanno intervenendo.
E’ stata scelta per il senso di spiritualità che trasmette, con ancora il rosone intatto all’interno della struttura nonostante i danni causati dal fuoco.

“Things Fall Apart” – Girl Cover
Questa foto è stata scattata in Somalia attorno ai primi anni ’90: la guerra civile ha causato gravissimi problemi di carestia e la immagine di questa bambina in lacrime dimostra l’ennesimo errore causato dalle guerre e dall’uomo.
Nel 1992 l’operazione “Restore Hope” ha portato aiuti umanitari alla popolazione somala, con la partecipazione dell’Italia come membro dell’ONU.
Molte volte non sappiamo cosa ci sia dietro alla copertina di un disco: a volte si pensa solo a giudicarne l’estetica senza conoscere il vero significato di un logo, di una immagine o di una semplice scritta. Ad esempio in occasione della release della cover di “Nasir” l’ultimo album di Nas, ho sentito critiche feroci per il messaggio che quei 5 bambini armati avrebbero trasmesso: nessuno (o meglio, molto pochi) si è informato a riguardo.
L’immagine scelta da Nas fa parte di un report fotografico del 1988 di Mary Ellen Mark denominato “The War Zone” e la foto nello specifico si intitola “Children Playing Gansters”, scelta dal rapper e dal suo entourage proprio perché fosse un esempio di quello che accadeva nei quartieri disagiati (in questo caso, la foto è stata scattata a Dallas).
La Gravillis Inc. – nel corso degli anni – ha realizzato molteplici cover per album legati alla black music ed alla cultura afroamericana in generale. Qui sotto vi lasciamo una breve carrellata di cover alle quali adesso riuscirete a dare “una paternità“.
Tornando a noi, siamo grati a Gravillis, per averci regalato una cover (o una serie) con un significato cosi profondo ed ai Roots, alla MCA ed alla Geffen Records per aver pubblicato un disco di questo livello.
So che se siete arrivati fino a qui, vi sarà venuta una irrefrenabile voglia di riascoltare “Things Fall Apart”, magari guardando la cover che scorre sui vostri player con un occhio diverso: mettete in play e buon viaggio.