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“Stai zitto Kanye West!”. La libertà di espressione non è cosi libera.

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Photo By rodrigoferrari (Kanye West 01) [CC BY-SA 2.0 ], via Wikimedia Commons

Pochi cazzi. È stata la settimana di Kanye West. Il tutto senza neppure pubblicare il nuovo album “Yandhi” (nono album di studio e prosecuzione dell’acclamato “Yeezus”), atteso per lo scorso 28 Settembre. Stando alle ultime indiscrezioni infatti, il discusso rapper di Chicago ( o “Ye”, come si è appena artisticamente ribattezzato) rimasto indietro coi lavori, sarebbe intenzionato a ultimare le registrazioni della sua nuova fatica in Africa. Lunedì sua maestà Kim Kardashian ha twittato:

 

Trovata commerciale per aumentarne l’hype? Quasi sicuramente, considerato che la nuova data di pubblicazione coinciderà con il “Black Friday”. Un elemento che assume un non so che di ironico considerato come l’artista sia stato più volte accusato di aver “tradito” la comunità “black” con il suo discusso endorsement a Trump. 

E’ solo l’inizio. Sabato sera poi, è andata in onda la nuova puntata di Saturday Night Live, lo storico programma americano di NBC, e “l’uomo che sussurrava alle Yeezy” era l’annunciato ospite d’eccezione (stando ai rumors, in seguito al rifiuto di Ariana Grande). 

Due esibizioni live. La prima è stata “I love it”, il brano precedentemente presentato ai Pornhub Awards in featuring con Lil’ Pump. I due sono apparsi vestiti come due bottiglie, e la foto di Kanye West vestito da bottiglia di “Perrier” sta rompendo l’internet in lungo e in largo.

 

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Il secondo invece, è un bell’inedito dal titolo “ We got love” cantato in duetto con Teyana Taylor. Si trattasse di un artista normale verrebbe facile presupporre che sia un inedito estratto dal suo atteso nuovo album, ma trattandosi di Kanye non ci scommetterei più di tanto.
Tutto qui? Manco a parlarne. Finita la registrazione della puntata, Kanye si è lasciato andare a quello che sui siti internet è stato riportato come un “delirio pro-Trump”, accolto dal pubblico in sala tra perplessità e “booo” . Il video è immancabilmente finito online ed è tutt’ora reperibile su Youtube.

Apriti cielo. Tutti, da Katy Perry a quello scarpone che recita in Capitan America, fino ad arrivare all’aiuto stagista della babysitter di Dawson di Dawson’s Creek, si sono sentiti in dovere di twittare la loro indignazione da quattro soldi. Giusto in caso non ci fossimo accorti della loro membership “Team Buoni”.
Per carità, Kanye West è sempre stato un artista di difficile digestione. Si ama o si odia e lungi da me insinuare che non si possa essere in disaccordo con molte delle sue provocazioni. Tuttavia continua a sbalordirmi come lo scadente showbiz americano insista nello scagliarsi violentemente contro un messaggio che, seppur politico (in senso lato), ha davvero poco a che vedere con il sostegno a questo o a quel politico. In questo caso Trump.
I riferimenti all’odiato presidente americano sono un mezzo, non il fine della provocazione.
Il suo è un attacco, non so quanto consapevole, all’establishment di un sistema mass mediatico ad estrema trazione “liberal-democratica”. E’ un volere opporsi ad un pensiero che sembra obbligare gli afroamericani ad essere “democratici”, nonostante quegli stessi “democratici” abbiamo più volte tradito la fiducia della comunità afroamericana. Un rifiuto estremo all’omologazione, al vittimismo e alla zona di confort.
Mi dite di sedermi? Mi alzo. Mi devo alzare? Allora sto seduto. Per un artista o presunto tale queste dovrebbero essere le basi…
Ve lo ricordate David Bowie? Vi ricordate come la sua morte sia stata celebrata in lungo e in largo? Il più grande artista degli ultimi 50 anni si diceva, giusto?
Ecco, David Bowie nel corso della sua vita ha fatto molte cose strane e poco “ortodosse”. Quali? Basterebbe pensare al suo interesse per la letteratura filo nazista o alla sua collezione di reliquie del terzo Reicht, o alla sua dichiarazione “Hitler è stato probabilmente la prima rock star”. Era Bowie nazista? Probabilmente no. Era semplicemente un altro grande artista alla ricerca, tra droghe ed eccessi, di una provocazione che potesse creare qualcosa.
Così Kanye ha più volte ammesso di non sapere molto su Trump e sulle sue politiche ma, ciononostante, si rifiuta di credere che l’odio possa essere la soluzione per qualsiasi tipo di problema. L’ unico modo per superare i confitti che stanno martoriando la nostra società, è sedersi al tavolo e parlare. Sì, anche con il nostro peggior nemico. Altrimenti possiamo continuare a rimanere seduti al “nostro” tavolo, bearci delle nostre ragioni e puntare il dito contro chiunque si sogni di uscire dal coro dei “benpensanti”.

Tvb Kanye. Non quanto tu ne vuoi a te stesso ma abbastanza.

 

Diego Carluccio
Diego Carluccio
Diego Carluccio nasce, in tutta la sua presunzione, il 26 ottobre del 1990. Ora di pranzo. Essendo la modestia il marchio di fabbrica della casa, pare abbia dato suggerimenti e consigli su come affrontare il parto allo stesso medico primario. Volendo affossare l’insopportabile luogo comune secondo il quale “dai licei esce la futura classe dirigente”, si iscrive al liceo classico e, sebbene provi a farsi espellere e/o bocciare ripetutamente, consegue l’impareggiabile successo di diplomarsi in 5 anni con un sensazionale 60/100. Da segnalarsi la tesina di laurea: un mix di Ramstein, Marilyn Manson e Neonazismo. Iscrittosi per sbaglio alla facoltà di legge alla statale di Milano, rimane ripetutamente intrappolato all’interno di quel subdolo e tentatore tragitto che connette la fermata “Missori” e l’aula di Diritto Privato. Ritiratosi dai corsi a metà anno, dedica il resto della stagione 2009-2010 al fancazzismo professionistico. Desideroso di ottenere una laurea però, scegli la carriera universitaria che ha il maggior numero di punti di contatto con la disoccupazione perenne: nel 2011 si iscrive al Dams. Laureatosi con il voto di 99/110, in onore dei kg e del numero di maglia dell’idolo di infanzia Antonio Cassano, conclude la propria esperienza universitaria con un tesi dedicata a “Fabri Fibra” e al rap italiano. Prima tesina nazionale a contenere un numero di parolacce superiore a quello dei segni di punteggiatura. Come ogni buon “critico” giornalista che si rispetti, non manca, tra le esperienze del giovane Carluccio, un fallimento artistico. Firma nel 2015 un contratto discografico con una label minore sotto lo pseudonimo di D-EGO MANIA. Il disco “Non è un paese per rapper” riesce nell’ardua impresa di vendere meno copie dell’esordio discografico dei Gazosa. Ora vive a Londra, frequenta un Master in Digital Journalism e lavora nell’organizzazione eventi per uno degli hotel più lussuosi della capitale britannica, ma non preoccupatevi: la sua vera passione è dirvi quanto fate schifo. ALTRE COLLABORAZIONI: Rolling Stone, Noisey, Il Milanese Imbruttito

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