Il 21 febbraio è uscito il loro ultimo lavoro, Soundtrack, ma loro sono molto più di questo singolo disco; Soulcè & Teddy Nuvolari sono infatti un duo ben collaudato, che ha saputo stupire pubblico e critica con Sinofobie e continuare a confermarsi come gruppo musicale di alto livello anche negli anni a seguire. Eravamo talmente curiosi di sentire cosa sono riusciti a combinare che non abbiamo perso l’occasione di fare due chiacchiere con loro su questo progetto molto interessante!
Anzitutto congratulazioni per il disco, anche se vi confido che sto ascoltando (proprio ora) qualcosa che non mi sarei aspettato di ascoltare! Non fraintendetemi, il disco mi piace e credo proprio che finirà al volo nelle mie playlist, però credo anche che si discosti molto dai vostri lavori precedenti, soprattutto in certi brani non sembra esserci più traccia di Sinfobie. Nel complesso direi che le produzioni electro-soul di Teddy Nuvolari questa volta sono più electro e meno soul. Vorrei partire proprio da questa differenza e dal titolo del disco: se l’album si chiama Soundtrack significa che in qualche modo è la colonna sonora della vostra vita?
Ciao e grazie a voi! Sicuramente “Soundtrack” è un disco diverso rispetto ai nostri lavori precedenti, ma ogni nostra creatura discografica (fin dal primo demo, “Cromosuoni”, del 2010) è stata in qualche modo un mondo a sé, manifestando una propria personalità che per qualche motivo la allontana da tutte le altre: la nostra musica cresce e cambia e si sposta e si contraddice insieme a noi, perché è cosa viva.
Contemporaneamente, però, credo che ci sia una linea che unisce tutte le nostre canzoni, uno o più elementi che portano l’ascoltatore a capire subito che sta ascoltando un brano di Soulcè & Teddy Nuvolari, ecco. Vuoi per i miei versi, che hanno sempre la ricerca delle immagini come fulcro, e che pescano sempre da un certo tipo di lessico, o per il mio modo di dirli, interpretandoli più che cantandoli; vuoi per le produzioni di Teddy che, pur avendo spaziato negli anni dall’acustico all’elettronico, e pur essendosi mosse attorno ai bmp più disparati, hanno sempre quell’atmosfera onirica e impalpabile , da colonna sonora, che le rende tappeti quasi trasparenti fatti ad hoc per le mie liriche.
E in questo mi collego alla tua seconda domanda: abbiamo voluto raccontare con la musica e le parole delle storie, delle scene di vita, delle situazioni, prendendoci la briga di voler scrivere e suonare la Soundtrack di un film, un film che deve immaginare chi ascolta.
Il primo pezzo è SCTF/SOUNDTRACK che, oltre a essere la title track, mi sembra un brano che sa mettere in luce tutte le caratteristiche del disco: una lunga intro con il rap che arriva dopo un minuto, un lungo flusso di coscienza, poi il rumore degli uccellini, 40 secondi di strumentale e di nuovo un monologo interiore prima del ritornello “colonne sonore da un altro mondo” e da qui si ripete.
Direi che è un brano decisamente particolare con una struttura unica. Ho letto che il pezzo sarebbe il risultato dell’evoluzione di un alto brano, Sapessi che tempo fuori, come mai poi questo cambio di direzione?
“SCTF”, la prima parte di questo lungo prologo, è stato il primo brano che ho scritto. E l’ho scritto diversi anni fa (mentre tutto il resto del disco l’ho scritto nella prima metà del 2016). Inizialmente, doveva essere title track e outro (guarda un po’!) di “Sapessi che tempo, fuori”, un disco che abbiamo scritto e registrato, ma che non ha mai visto la luce. Fino a questo momento. “Soundtrack”, invece, la seconda parte, è la vera intro del disco e mette lo spettatore – pardon! – l’ascoltatore, di fronte a quello che troverà nelle successive tredici canzoni: linee che vanno avanti una dopo l’altra per immagini, suoni cattivi e atmosfere rarefatte tipiche del mondo che vogliamo raccontare.
Un altro brano che mi ha colpito molto è 45 battiti, sarà perché Dutch è uno dei miei rapper preferiti del momento, sarà perché è un pezzo molto onirico scandito da un ritmo sincopato che me la fa ascoltare in loop! Pur non essendo una “canzone d’amore” forse è una di quelle che si avvicina di più ad esserlo, soprattutto per i riferimenti ad una donna. Mi ha stupito non trovare una vera e propria ballata romantica, vedi anche Tergicristalli! Questo mi ha fatto pensare: siete in un periodo in cui vi sentite disillusi e depressi o pensate che questi brani calzino alla perfezione con il vostro stile malinconico?
Non saranno forse delle ballate, ma il disco è pieno di canzoni romantiche, in cui l’io narrante è un innamorato. Anche “Tergicristalli” per me è una canzone d’amore. Lo è sicuramente “Incubo”, lo è “Modern Art Museum”. Anche “Porpora”. Racconto storie un po’ ambigue, conflittuali, malinconiche, sicuramente non idilliache – o meglio, zoomate in un periodo diverso dall’idillio. Come giustamente noti tu, la malinconia è sempre stata una componente fondamentale del nostro modo di fare le canzoni, anche perché è uno stato in cui io mi sento molto a mio agio. E forse un po’ disilluso sono, ma in una maniera così contraddittoria che spaventa anche me.
Un’altra collaborazione all’interno del disco è quella con Davide Shorty. Pur non essendo un vero e proprio rapper è un personaggio decisamente Hip Hop che mi sono stupito di trovare sul palco di X Factor (nonostante gli ottimi risultati). Altri rapper si sono avvicendati in quel talent con risultati molto diversi gli uni dagli altri (Mr.Rain, Cranio Randagio, Loomi).
Voi cosa ne pensate dei talent show musicali?
Ci guardiamo, insieme ai nostri amici, tutte le puntate di X-Factor. Ma davvero dico. Gli altri talent non ci hanno mai appassionato (a parte quando c’era Dolcenera giudice di The Voice e trascorrevo le serate del programma a corteggiarla su twitter, con risultati discutibili).
Il legame più evidente con i vostri precedenti lavori è quello formato da Giovanni Grida Solo Per La Via, presente nel disco con una seconda parte e anche un remix! Come mai questo segno di continuità? E perché tra tutti i vostri brani avete dato un seguito così importante proprio a questo?
“Giovanni Grida Solo Per La Via” è il brano con cui abbiamo cominciato a capire che questa cosa della musica poteva davvero funzionare e farci fare delle cose belle, è un brano che ci fece premiare all’Hip Hop MEI nel 2010, e ne abbiamo tirato fuori il primo videoclip della nostra vita. Un brano a cui siamo molto legati. Quando la facciamo ai concerti la gente si prende bene come se fosse un classico, e forse nel nostro piccolo mondo un po’ lo è. Diverse volte abbiamo pensato di scriverne una seconda parte. Appena ho sentito lo scheletro di quel beat, ho cominciato a cantarci su l’inciso. Il che voleva dire che era il momento giusto.
Mi piace molto anche la grafica del disco (cosa molto strana visto che di solito sono molto critico su quest’aspetto) cosa rappresenta il disegno in copertina?
Le grafiche di “Soundtrack” sono state pensate e realizzate dal nostro grafico di sempre, Antonio Sortino, che – dai nostri esordi a ora – ha sempre dato un tocco in più a tutti i nostri lavori. Antonio ha voluto rappresentare “Soundtrack” come una sorta di viaggio attraverso un paesaggio composto da ipotetici spettri sonori, rappresentati in maniera pittorica. L’utilizzo della silhouette del volto, nella copertina, vuole rimandare al lato introspettivo della nostra produzione musicale: un volto dentro cui forme e colori si incastrano e si mischiano, come storie che si creano senza soluzione di continuità.
Questo è stato l’anno di lancio di una moda (che speriamo finisca presto) legata al trash. I tormentoni di Rovazzi, la Dark Polo Gang, le parodie di Fedez, le Calze con le ciabatte e (faccio fatica a pensare che sia vero), asciugamani in testa. Cosa significa cercare di fare musica di qualità nel 2017? Cosa provano degli artisti a vedere certi brani fare milioni di views?
Finché di certi fenomeni se ne continuerà a parlare, la popolarità degli stessi crescerà, magari anche a scapito di cose belle che invece rimangono un po’ sepolte. A noi piace parlare di ciò che ci piace, preferiamo che l’arte ci arricchisca le giornate anziché il contrario.
Ci salutiamo con le classiche domande di Hano.it
Angolo della sHanpista: regalateci un pettegolezzo
In realtà Soulcè e Teddy Nuvolari non sono due.
Angolo MarzulliHano: fatevi una domanda e dateci una risposta
Dov’è il segreto del flow? In un Eastpak blu.
Angolo della puttHana: prostituite il vostro disco
Comprate “Soundtrack” il prima possibile, così potrete dire di esserci stati ancora prima delle cose gigantesche che ci succederanno.