Rap ItalianoIntervistePeligro e la bella vita dei numeri 2. Intervista

Peligro e la bella vita dei numeri 2. Intervista

Il coraggio di essere se stessi in un momento in cui tutti fanno la stessa cosa

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Bando alle ciance e ciance alle bande. Sono in aeroporto che aspetto il volo che mi riporterà in Italia per il week end e, nonostante lo sforzo, non sono riuscito a trovare un incipit più vincente e poetico di sta cazzata.

La cosa che mi ha colpito sin da subito ascoltando Peligro, all’anagrafe Andrea Mietta rapper milanese del 92’, è uno stile abbastanza antitetico a quello che siti, blog ed esperti del settore ci stanno spingendo controvoglia su per la cavità rettale. Cosa vuol dire? Non lo so, volevo semplicemente costruire una frase che dimostrasse come io fossi in grado di usare la parola “antitetico”.

Scherzi a parte lo stile ha un non so che di Mecna e di Ghemon e, permettetemi, poteva andarci molto peggio, anzi.

A testimonianza di come sia un dissociato psicopatico parto a razzo con una domanda c’entra quanto Roberto Bolle con la Tektonik…

Ti ispirano le serie televisive?

Allora pur non avendo mai dedicato nessun brano alla trama di alcuna serie tv, devo dire che alcune sfaccettature possono essere trovate all’interno dei miei testi. Vedi, la cosa fondamentale è trovare, in una serie tv come in qualsiasi altra fonte di ispirazione esterna, un elemento che abbia a che vedere con me e con la mia vita. Non è la mia principale fonte di ispirazione comunque.

Quale sarebbe quindi?

La vita. Quello che succede a me. In “Assoluto” (uno dei brani contenuti all’interno del suo ultimo ep) parlo di come mi sento quando scrivo ad esempio. Una riflessione sul senso di gratificazione che ricevo dalla scrittura.

Gli addii, ad amici o ex ragazze, le promesse mantenute e quelle infrante… La vita.

Ti rendi conto di proporre una cosa abbastanza distante da quello che si ascolta al momento? Dal mio punto di vista è una cosa apprezzabile visto che oggi sembra non si possa più cantare senza autotune.

La tendenza all’omogeneità c’è ma non so spiegarmela, semplicemente non è il mio modo di fare musica. Quello che sento io è il motore di tutto. Se, per caso, il mio gusto coincidesse con quello che va “per la maggiore” me ne fregherei perchè è comunque quello che voglio io. Io cerco di fare la musica nella maniera che mi piace a prescindere da cosa vada o non vada di moda. Se lo fanno tutti? lo faccio lo stesso. Non lo fa nessuno? lo faccio lo stesso. Penso che con la musica la cosa migliore da fare sia essere se stessi.

E come nasce il tuo suono? I tuoi pezzi hanno una loro autorevolezza musicale.

Nell’ultimo album volevamo proprio che fosse così. Il disco è prodotto d Hernan Brando, che ha lavorato a gran parte delle mie produzioni anche precedenti, e il suo essere musicista prima ancora che produttore ha fatto si che questo elemento che tu giustamente citi emergesse in tutti i nostri pezzi. Se presti attenzione a come è stato mixato noterai come la voce, al contrario di quello che accade solitamente, non è così al disopra del tappeto musicale ma anzi, c’è la volontà di mixare e di servirsi della voce come di uno strumento musicale.

Ho visto anche il video di “Frammenti”, mi è piaciuto. Da quando è fuori?

Il video è uscito in contemporanea con il disco a Dicembre. Sono contento ti sia piaciuto, è stato girato da “RD film” che sono dei ragazzi di Milano e Como che sono gli stessi che hanno fatto il video de “L’obbiettivo” estratto dal mio lavoro precedente. E’ stato girato in un mix di location private per il chiuso e Parco Lambro per le esterne.

Cosa stai ascoltando in questo ultimo periodo?

Sto cercando di ampliare i miei gusti. Per molto tempo io ho ascoltato quasi esclusivamente rap e, seppure rimanga il genere a cui sono affezionato, in particolare quello Italiano, sto provando ad allargare i miei orizzonti. A me piace vedere quando il rap italiano riesce a reinterpretare positivamente gli input che arrivano dall’America perchè, non nascondiamoci arriva tutto da lì. Una cosa diversa è invece “copiare gli americani” e basta, quello non mi interessa.

Di nuovo mi sto invece interessando alle mega produzioni pop e a come suonano. Penso all’ultimo album di SIA, Lady Gaga e Alicia Keys. In Italia invece mi è piaciuto moltissimo l’ultimo album di Tiziano Ferro.

Domanda marzulliHana. Pensa ad una roba del disco che non ti ha mai chiesto nessuno a cui vorresti rispondere. Vai.

Le chitarre di “Arte per l’arte”, sono bellissime. Sono state suonate dal mio produttore e penso che meriterebbero un piccolo spazio. Anche il sassofono di “Frammenti” meriterebbe spazio: opera di Scipio che spesso può essere trovato sui palchi con Giuliano Palma e Mario Biondi.

Ogni volta che c’è un emergente cerco di capire quale obbiettivo si sia posto per la tua carriera. Non sempre è facile perchè troppe volte i giovani per paura di “fallimenti” tendono a fare i timidi. Dove hai messo la tua asticella per il futuro? Numero 1 e sei dischi di platino?

Io lo faccio prevalentemente per stare bene. Come tutti ho i miei casini in testa e riesco ad esorcizzarli bene solo quando scrivo. Una platea infinita che mi ascolta? certo che mi piacerebbe. Io punto a fare musica nella vita ma, come sai, il concetto di successo poi varia a seconda di quella che è la propria concezione di successo. Ovvio che punto ad avere un bel pubblico, altrimenti a che cosa servirebbe pubblicare la musica su internet?

E comunque io punto al numero 2 non al numero 1. (Ride)

Perchè?

Perchè se ci pensi i numeri 2 se la passano molto meglio. Al numero 1 appena scendi un secondo è un casino. Al numero 2 invece campi bene come il numero 1, hai meno hater e te la vivi serenamente. W i numeri 2.

Noi di Hano non possiamo fare altro che augurarci che questa scalata al numero DUE sia un successo.

Diego Carluccio

Diego Carluccio
Diego Carluccio
Diego Carluccio nasce, in tutta la sua presunzione, il 26 ottobre del 1990. Ora di pranzo. Essendo la modestia il marchio di fabbrica della casa, pare abbia dato suggerimenti e consigli su come affrontare il parto allo stesso medico primario. Volendo affossare l’insopportabile luogo comune secondo il quale “dai licei esce la futura classe dirigente”, si iscrive al liceo classico e, sebbene provi a farsi espellere e/o bocciare ripetutamente, consegue l’impareggiabile successo di diplomarsi in 5 anni con un sensazionale 60/100. Da segnalarsi la tesina di laurea: un mix di Ramstein, Marilyn Manson e Neonazismo. Iscrittosi per sbaglio alla facoltà di legge alla statale di Milano, rimane ripetutamente intrappolato all’interno di quel subdolo e tentatore tragitto che connette la fermata “Missori” e l’aula di Diritto Privato. Ritiratosi dai corsi a metà anno, dedica il resto della stagione 2009-2010 al fancazzismo professionistico. Desideroso di ottenere una laurea però, scegli la carriera universitaria che ha il maggior numero di punti di contatto con la disoccupazione perenne: nel 2011 si iscrive al Dams. Laureatosi con il voto di 99/110, in onore dei kg e del numero di maglia dell’idolo di infanzia Antonio Cassano, conclude la propria esperienza universitaria con un tesi dedicata a “Fabri Fibra” e al rap italiano. Prima tesina nazionale a contenere un numero di parolacce superiore a quello dei segni di punteggiatura. Come ogni buon “critico” giornalista che si rispetti, non manca, tra le esperienze del giovane Carluccio, un fallimento artistico. Firma nel 2015 un contratto discografico con una label minore sotto lo pseudonimo di D-EGO MANIA. Il disco “Non è un paese per rapper” riesce nell’ardua impresa di vendere meno copie dell’esordio discografico dei Gazosa. Ora vive a Londra, frequenta un Master in Digital Journalism e lavora nell’organizzazione eventi per uno degli hotel più lussuosi della capitale britannica, ma non preoccupatevi: la sua vera passione è dirvi quanto fate schifo. ALTRE COLLABORAZIONI: Rolling Stone, Noisey, Il Milanese Imbruttito

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