Cappuccio in testa e giù dal taxi dove quasi dormivo,
ma sono schivo, quasi le sette, ancora l’alba e io scrivo
dei graffi che lascio partendo e i baci che vorrei all’arrivo
stringo gambi con spine e rami d’ulivo
le valigie in giro e le promesse
di portarle al mare un giorno prefestivo
si vanno a fare fottere
e lo so che sto mentendo a me per primo
è il tipico comportamento passivo aggressivo,
è la stessa storia ripetuta sempre
faremo poi, ma viviamo mentre,
solite feste piene di gente
che cazzo ci trovano di divertente?!
copione fisso: mi presento tardi e so che
ritorno in hotel prima del previsto
impenetrabili gli occhi al soffito
nel buio pesto, zitto,
rovisto
RIT.
Lei mi chiama e sento la sua voce che esclama:
“Torna a casa da chi ti ama!”
Lontana, con una nostalgia che mi sbrana
“Torna a casa da chi ti ama!”
I ricordi che ho cancellato non li possono contare
il mio lavoro tiene lontane le persone care
ed è singolare che non riesca più a pensare al singolare
non sono poi egoista come appare
fuori guardo il mondo dietro a un oblò o dai finestrini,
adesso un’orchidea ha preso il posto dei coinquilini
arrivi a trent’anni ma poi vai in crisi, acquisti sicurezza
ma il portafogli è pieno di scontrini
check in, check out, c’è più disincanto
nel raccontare storie sul palco quando canto
se mi ricordo come mi chiamo è già tanto
sennò guardo il nome in alto sulla carta d’imbarco ma,
ogni giorno qui è un esame,
e mi sta stretto come i jeans di un denim designer,
rotaie, catrame, voglio poter stare con lei, ok?
Amen
RIT. (x2)
Lei mi chiama e sento la sua voce che esclama:
“Torna a casa da chi ti ama!”
Lontana, con una nostalgia che mi sbrana
“Torna a casa da chi ti ama!”