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Che ti aspettavi se non la classic shit? Intervista a Easy One

Dopo due anni di stop, per scoprire che il boom bap non lo sposti dal cuore

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Allora, facciamo che io non sappia niente di te. Raccontami la tua bio.

Allora, io sono Easy One, mi chiamo Easy One, mi chiamo Bruno Timpano, che è un nome molto più bello e musicale e ho sbagliatissimo a chiamarmi Easy One (sorride) e nasco artisticamente tra il 1996 e il 1998 a Reggio Calabria. Ho iniziato praticamente con le quattro discipline, tipicamente come fanno i bboy che si approcciamo per la prima a volta a questa roba. Poi ho scelto di prendere in considerazione il microfono e le rime come strumento per arrivare a più persone possibile, soprattutto per veicolare un messaggio senza filtro, con la possibilità di raccontare delle storie e, ovviamente, dare delle immagini. La prima esperienza artistica è stata con i Kalafro, un gruppo ragga hip hop con cui ho fatto quattro album ufficiali e un sacco di mixtape dei quali ci sono ancora tracce su Youtube e in giro.

Dopodiché ho iniziato la mia carriera solista, più o meno quattro/ cinque anni fa, proprio perché avevo l’esigenza di scrivere da solo.

Da quando ho iniziato, sono partito con un pezzo solista che si chiama Il mio nome, un pezzo con DJ Shocca di Unlimited Struggle, dopodiché ho fatto l’album solista intitolato Stessa Pelle, un lavoro abbastanza variegato che passa dal reggae al rap al folk, senza preoccuparmi del genere perché la musica, secondo me, non ha etichette. Quando la musica non ha etichette si può chiamare musica.

Sei uscito con un pezzo che è anche un video: Che ti aspettavi!?!?!

Ne avevo bisogno, dopo due anni di inattività, purtroppo vengo da un problemino al cuore che mi ha obbligato a stare fermo. Ero lì che scalpitavo però non potevo pensare alla musica e quindi ho deciso di fare una bomba atomica fuori da ogni canone, fuori da ogni logica di mercato col mio suono e dicendo, che cosa vi aspettavate da me, che venissi fuori con un pezzo di moda o con quello in cui credo, cioè il boom bap, classic shit!

Il flow è proprio classic.

Allora, il pezzo. Era da due anni che non scrivevo. E allora mi sono detto, che ti aspettavi? Che facessi la trap? Che facessi un pezzo di moda? Easy One è Easy One e rimane Easy One, vuol dire, avevo bisogno di tornare e tornare a modo mio significa farlo con un boombappone che ti toglie i denti. Che ti dà la possibilità di capire realmente chi sono. Un flow così oggi potrebbe essere visto come un flow giurassico perché i tempi sono cambiati, la comunicazione è cambiata, il marketing della musica è cambiato però chi se ne fotte, alla fine ognuno fa ciò che si sente di fare. E questo è il risultato.

Mi dici che Stessa Pelle è stato il disco della vita.

Sì è stato il disco della vita perché dentro non c’è solo Easy One ma c’è Bruno. E questo per me è fondamentale. È il disco della vita perché se partiamo dall’inizio ti dico, se partiamo dal pezzo che dà il titolo all’album, è un pezzo con Primo Brown che è stato un mio maestro musicale negli ultimi sette o otto anni, la cui mancanza si fa sentire non solo dal punto di vista musicale ma anche umano, fino ad arrivare a Giugno, in cui per la prima volta parlo da genitore perché, a giugno, l’11 giugno, è nato Simone, e quindi volevo raccontare sia Bruno sia Easy One con questo disco.

È un disco veramente super preso bene perché, come ti dicevo prima, non è etichettabile. Non ti posso dire è un disco rap.

È un disco in cui il rap è uno strumento per parlare, per comunicare, ma realmente ho usato vari generi musicali. Sono un po’ ibrido, come attitudine. Passo da Rakim a Buju Banton, da Sizzla a Vinicio Capossela, non sono un talebano, ecco.

Uso il rap come strumento per arrivare alle persone e come strumento per comunicare

Oltre ad aver fatto questo video, sei attivo nel rap in questo momento?

È sicuramente un momento di espressione, ma è anche una passione fruttifera, nel senso che riesco anche a tirarci fuori qualcosa e questo mi permette di vivere anche un po’ di musica. Però realmente è una grande passione che brucia ancora dentro.

Nel pezzo parli due volte di strada. Dici che ti protegge e che ti ha dato anche una “laurea”. Raccontami le cose belle della strada viste dalla prospettiva di un rapper.

La strada per me è tutto perché nasco dalla periferia di Gioia Tauro e la strada l’ho vista. Non posso dirti di averla vissuta perché ti direi una cazzata. È forse la cosa che più dà fastidio dei nuovi rapper è parlare di questa strada come fosse casa loro ma, se poi vai a vedere il loro background, realmente la strada in pochi l’hanno vissuta. Detto questo la strada per me è un simbolo perché questa musica è nata in strada e secondo me deve ancora arrivare in strada. Se la musica dà la possibilità a un ragazzo che giocava ai videopoker e stava in sala giochi, di ascoltare la musica e di coltivare una passione, salvandoli, diventa veramente uno strumento micidiale.

Cosa vuol dire essere un rapper, in questo momento storico?

Essere un rapper significa usare le parole in modo non convenzionale, usare le parole per colpire, usare le parole per comunicare, ti dico parole perché in questo momento storico purtroppo nei pezzi, soprattutto rap, si usano sempre meno parole. Invece io, come avrai capito nel pezzo, avevo proprio l’esigenza di dire un sacco di parole, di esprimere un sacco di concetti ed è secondo me quello che manca nei rapper di oggi.

E qui ti chiedo, cosa cambieresti in questo momento della scena e della musica? Cosa aggiungeresti o cosa toglieresti.

Guarda, penso di non essere un rosicone o un prete che deve insegnare la vita a qualcuno. Però penso che chi ha visibilità in questo momento potrebbe lanciare dei messaggi positivi, parlare della quotidianità, del sociale, e questo aiuterebbe tanti ragazzini a farsi tante domande. Raccontare qualcosa che veramente colpisce gli artisti.

Le tre canzoni che ti fanno saltare in questo momento.

Sai che faccio difficoltà? Sono veramente molto legato al passato e non voglio fare il solito giurassico che si rompe i coglioni a parlare della musica di oggi. Però faccio fatica veramente a dirti tre pezzi di oggi che mi prendono in modo particolare.

Easy One
Easy One

Ma se dovessi scegliere un trapper, per fare un featuring, chi sceglieresti?

Ti dico, tra i nuovi, quello che mi dice qualcosa è Ghali. Riesce comunque a comunicare e a non dire soltanto quelle quattro cazzatine che magari altri dicono. E poi in lui ci vedo dell’attitude, quella che ricorda gli anni Novanta ma in un’epoca cambiata e con sonorità completamente diverse.

Parlandoti, mi sembra di capire che, comunque, sei legato alle basi dell’hip hop per come lo conosciamo noi. Queste basi si possono rinverdire?

Assolutamente sì, perché la scena è in fermento. Quest’anno sono usciti i Colle del Fomento, sono usciti Stokka e Buddy, sono uscite tutte persone che hanno attitude da vendere e che in questa roba ci sono da più di vent’anni. Quindi significa che questa roba non è morta e continua a vivere nei nostri cuori e nella nostra passione.

Che differenza c’è per te tra lo stare sul palco e fare musica in studio?

Penso che la dimensione più importante sia fare la musica sul palco, perché lì dimostri veramente di essere forte e dimostri di essere davvero consapevole perché il successo in studio si può costruire, il successo sul palco no. Un live fatto bene va provato e riprovato e non ci sta la seconda possibilità sul palco, in studio sì.

Il tuo zoccolo duro di fan ti dà degli input per le canzoni e per la musica che fai?

Nel mio piccolissimo ho uno zoccolo duro che mi chiede di raccontarmi. Io cerco di farlo al meglio e il disco nuovo che uscirà avrà proprio questo tipo di narrazione, raccontare più Bruno che Easy One. Ti dico, se Stessa Pelle era il disco di Easy One, questo è il disco di Bruno Timpano. Questo è quello che arriverà. E ti dico, raccontarmi con l’atteggiamento di chi sa che non è più un ragazzino, con tutto quello che vuole dire.

Dal sud al nord cambia la vita. Cambia anche il tipo di musica?

Io sono sempre fedele a una nazione sotto lo stesso groove, nel senso che, posto che vai, rap che trovi, non ci sono grandi differenze, nel senso che poi vedi il trapper a Catanzaro e Cosenza, vedi il trapper a Milano. Penso che non ci siano differenze tra nord e sud. Forse qualche anno fa, avvertivo una differenza di attitude, ma adesso penso che sia abbastanza, si sia sdoganato l’hip hop in ogni parte d’Italia.

Il freestyle come disciplina. La tua sull’argomento.

Guarda io c’ho provato, ti dico la verità, ho provato anche a fare le battle ma è una roba veramente per persone che si allenano ogni giorno e che hanno il cervello sveglissimo e pronto a tutto. Ti dico, le discipline secondo me sono due, una è quella della battle e l’altra quella dell’intrattenimento sul palco. Io sono per l’intrattenimento sul palco perché penso che sia la cosa più bella che ci possa essere. Diciamo che forse non ho più l’età per insultare un altro ragazzo.

Il nuovo disco, Bruno. Anticipazioni?

È un disco straintrospettivo, che affronta tante tematiche e se in Stessa Pelle avevo affrontato la tematica di mio figlio, chiamiamola tematica, avevo affrontato la musica con gli occhi di un genitore, qui l’ho fatto con gli occhi di un figlio, ho scritto un pezzo a mia mamma, Ma passo anche a pezzi completamente reggae, pezzi super rappusi come Che ti aspettavi!?!?! Non ti anticipo tanto perché ancora mi mancano tre pezzi. Però ti dico, sarà un disco veramente interessante.

Cosa pensi delle nuove piattaforme digitali?

A me, in particolare, Spotify piace molto, perché dopo l’avvento predominante di Facebook, la musica è passata su Instagram, che non è nemmeno un social che parla di musica. Il fatto che si sia spostato tutto su Spotify mi rende fiero di fare musica, perché finalmente si è ritornati alla musica come punto di partenza. Quindi vuol dire che se non è più necessario fare quarantaquattro video di un album, ma farne solo uno come si faceva tanti anni fa, e tirare fuori i pezzi su Spotify e dare la possibilità alle persone di ascoltare i pezzi, ma ascoltare i pezzi non in mp3 a 128k, ma ascoltarli in una buona qualità, ecco questo secondo me è il futuro.

Detto questo ti dico che la prossima uscita vorrei farla in vinile, perché mi piace pensare che lo zoccolo duro possa avere l’opportunità di acquistare il disco su questo supporto.

Tu leggi?

Ti dico, sono un amante dei film più che della lettura, son sincero.

Ultimamente sto leggendo poco, sono sincero.

La tua sulla situazione italiana di questo momento storico.

Penso che in questo momento storico il lavoro sia la grana più grande, per noi giovani soprattutto. È molto difficile trovare lavoro, è molto difficile tenerselo e penso che ci dovrebbero essere molte più opportunità per i giovani. Ti dico questo.

Michele D'Amorehttps://www.micheledamore.it/
Nato in Sardegna, mi innamoro dei libri a casa, con un amore odio che mi porta a giocarci, calciarli e scoprirli. Il mio primo libro è Mamma mi leggi. E poi Robinson Crusoe, Verne, Gotta. Da adolescente scopro i tascabili e leggo di tutto. Mi innamoro di Zola, Verga, di Oriana Fallaci. Amo Grisham, Peace, Clancy, Follett, Welsh e Manzoni ma, soprattutto, Calvino e Vittorini. I miei titoli preferiti: Marcovaldo, Colla e Uomini e No. Amo l'indipendenza, la libertà. Sposo l'idea di una letteratura popolare, dedicata a tutti.

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