DISCLAIMER: oggi non si parla di rapper, ma la storia che racconto in questo episodio di Sellout è molto Hip Hop. Fidatevi, se vi va. Una mattina di metà luglio sono mezzo addormentato in metropolitana quando mi arriva un messaggio di Fred Kuwornu, amico e noto regista italo-ghanese pluripremiato per Inside Buffalo e impegnato nel raccontare storie e problematiche di italiani di seconda generazione come 18 Ius Soli, che mi dice “Oh, dai un occhio a questo pdf, è il libro di un tipo che secondo me spacca. Vorrei capire come aiutarlo, produrlo, pubblicarlo”.
Il “tipo” in questione si chiama Antonio, ma anche Dikele, ma anche Distefano. Insomma un mix, un casino. Eppure non è straniero, è italiano. Oggi di stanza a Ravenna, come si capisce anche dall’accento. E il pdf che mi è arrivato conteneva il suo primo libro “Fuori Piove, Dentro Pure, Passo a Prenderti?” e non l’ho assolutamente rubato online, Antonio, il libro, l’ha messo in free download su alcune piattaforme di epublishing.
Scendo dalla metro, entro in un bar e inizio a leggere. Dopo un’ora sono in ritardo clamoroso per i miei impegni perché sono ancora lì. Immerso nella storia, nelle citazioni, nei colori.
E penso: questo ragazzo lo voglio assolutamente aiutare a pubblicare, merita. Ma non faccio in tempo a pensarlo che scopro che Antonio Dikele Distefano ha firmato per Mondadori. Mondadori, la più importante casa editrice italiana. Pubblicherà “Fuori Piove Dentro Pure Passo A Prenderti?” il 3 Febbraio.
Ci ha visto lungo il mio amico Fred.
Ho incontrato Antonio pochi giorni fa intercettandolo in uno dei suoi mille spostamenti in vista dell’uscita del libro. Volevo conoscerlo e capire di più della sua storia e del suo percorso. Un po’ come un rapper di oggi che pubblica le sue robe su Youtube sperando di essere notato da una Label discografica, Antonio ha fatto uguale. Ha pubblicato online in free download, ha scalato tutte le classifiche di settore, si è costruito un seguito, ha portato avanti il suo progetto. Ed è stato contattato da una “Major”. Proprio come succede nel Rap. Rap che è anche una delle sue passioni più grandi. Tant’è che il registratorino che mi son portato dietro segna due ore di conversazione, ma più di una passata a parlare di Marra, di Maruego, di Lazza, Green, Marsiglia e BigJoe e tanto, tanto, rap francese.
Antonio e Matteo in zona Stazione Centrale a Milano
Ecco com’è andata.
Dopo Mondadori ho ricevuto altre 3 offerte subito. Io poi ho scelto Mondadori perché comunque volevo un finale tipo ragazzo del ghetto che fa una canzone e poi firma per Universal, no?
Attacca subito Antonio che nemmeno ci siam ancora seduti.
Ma partiamo dall’inizio, perché hai cominciato a scrivere?
Stavo con una ragazza di nome Linda e noi due non potevamo stare insieme perché sua madre aveva un odio nei miei confronti assoluto, per quello che immaginava di me. Ci vedevamo di nascosto e io questa cosa non l’ho mai capita. Io e la madre abbiamo parlato al telefono solo una volta e lei se n’è uscita con questa frase “io so che scrivi però a me non mi freghi, se scrivi davvero allora scrivi ‘sto libro e poi mandamelo” e ha messo giu.
Finita la telefonata io mi son detto “adesso scrivo un libro, lo pubblico e poi glielo mando”. L’ho scritto in 4 mesi. Stavo ancora con lei, di nascosto, scrivevo la notte poi la mattina gli mandavo la bozza, lei leggeva, correggeva e rimandava. Quindi è un po’ come se l’avessimo scritto insieme.
Però poi col tempo mi son detto che io non volevo scrivere questa storia. Perché sarebbe rimasta la solita storia del ragazzo nero che subisce. Invece no, tu arrivi a un punto che quando sai che puoi essere bravo, raggiungi degli obiettivi, hai anche una responsabilità. Se il tuo libro lo leggono diecimila persone ce ne saranno duemila almeno che o vogliono fare gli scrittori o hanno subìto qualcosa. Quindi tu devi mostrare un riscatto e così ho parlato dell’amore che c’era, poco di sua madre.
Anche perché l’amore è l’unica cosa che ci può salvare davvero, basta pensare che l’amore mi ha fatto scrivere questo libro e mi ha cambiato la vita. Ho iniziato a scrivere per dimostrare a tutte le persone che potevo farcela. A chi diceva “ma fai lo scrittore?”, “il titolo è troppo lungo”, “non ce la farai mai”, adesso nessuno mi può dire nulla perché non ho chiesto niente a nessuno. Solo 600 euro a un amico e glieli ho ridati dopo una settimana. E oggi molti mi trattano come se avessi vinto un talent show, come se fossi uscito da XFactor. Io non sopporto chi va ai talent, la vita vera è più difficile. Dico di avercela fatta nel mio piccolo perché ho raggiunto quello che immaginavo quando ho iniziato a scrivere.
Quindi tu già scrivevi? L’avevi in testa questa cosa dello scrittore.
Io non volevo scrivere un libro, volevo scrivere e basta. Qualsiasi cosa. Anche recensioni su giornali per dire. Scrivere un libro è un passo grande. Molti dicono “scrivo un libro e sono uno scrittore”, ma non è vero. Diventi scrittore quando qualcuno legge quello che fai.
Quando hai iniziato a scrivere “Fuori Piove, Dentro Pure, Passo a Prenderti?”
Primo Novembre 2013 sua madre mi ha chiamato.
Ok, quindi un po’ come un giovane rapper eri chiuso in cameretta, scrivevi, poi una volta finito ti sei chiesto “come faccio a farlo leggere?” e l’hai messo online free.
Io sono una persona molto precisa. Di notte scrivevo, di giorno sui treni leggevo le storie di scrittori che ce l’avevano fatta auto pubblicandosi e cercavo il passaggio per capire come ce l’avevano fatta. Negli Stati Uniti è pieno di scrittori che sono diventati ricchi mettendo le loro robe su Amazon. Allora mi son messo a cercare siti italiani che facevano self pubblishing. Ho studiato, leggevo blog. Leggevo consigli su come farsi notare e infine il 6 Giugno ho pubblicato su alcune piattaforme in free download e ho iniziato a pubblicizzarlo.
Tipo booktrailer?
Aspetta. Sì, faccio un booktrailer, ma mi accorgo che tutti gli scrittori ne fanno solo uno per libro. Non capisco, ma cavolo ‘hai un libro di 100 pagine e fai solo un booktrailer per 100 pagine??’ Allora io ho creato 1, 2, 3, 4 booktrailer e generato un po’ di confusione.
Dopo una settimana ero primo in classifica.
Quindi consigli l’auto pubblicazione?
Sì, molto, perché è un po come i talent show. Nel senso, ho fatto un talent che è la vita, ho scritto un libro e l’ho fatto leggere a tutti e tutti mi han detto come andava. Le persone han “votato” il mio libro, sono andato primo in classifica. Le case editrici han visto e mi hanno preso.
Meglio che spedire loro direttamente il manoscritto.
Sì, se ti affidi, sei sconosciuto e rimani sconosciuto.
Qualche chicca del libro senza spoiler?
Il libro non ha un inizio e non ha una fine. Racconta delle fasi della mia vita, da quando son bambino a quando mi innamoro di lei. Ma non a livello cronologico, a caso. Io scrivo a post-it e poi metto insieme.
Racconto di quando ero piccolo e ricordo questo episodio di mio padre: la mattina lo trovavo sempre o seduto di fronte al telefono o pronto per andare via e non riuscivo mai a dirgli ‘buongiorno’. Ma era distratto perché aspettava che lo chiamassero per andare al lavoro. Vivevo questa fase e non capivo ‘dove cavolo va?’ Non abbiamo avuto molta comunicazione. Persona molto seria, militare, ha fatto la guerra, vissuta sulla pelle. Fuggire nella foresta perché i portoghesi hanno distrutto la città in cui viveva. Una persona molto rigida. Non parla mai suo passato. Ma ogni domenica ricordo che mi prendeva e mi portava sulla macchina a girare a caso. Vicenza… e nel tragitto mi raccontava delle storie, come se lui fosse stato cosciente che il figlio da grande avrebbe fatto lo scrittore.
La copertina del libro nella sua versione originale, prima della firma con Mondadori
Vicenza?
Io son nato a Busto Arsizio, Varese.
[Risate di tutti i presenti al tavolo]
I miei genitori poi per cercare lavoro si spostano a Cerignola dove mio padre lavora nei campi di pomodoro, poi di nuovo a Napoli e infine io, le mie sorelle e mia madre saliamo al nord, mentre mio fratello e mio padre rimangono al sud, lì c’è lavora e non vogliono perderlo. E così arriviamo a Ravenna.
Ravenna?
Sì, Ravenna. Mia mamma è molto fedele, anche se io non credo molto a questa storia ma lei dice che dal treno ha visto Ravenna ed è scesa. A caso. Così siam rimasti a vivere li. Mio padre poi ci ha raggiunti e siamo a Ravenna dal ’97, non ci siamo più spostati.
Il tuo nome?
Mia madre ha poca fantasia. Perché mia sorella si chiama Meraviglia, io Antonio come il medico che assisteva il parto, Dikele perché in Angola, in Africa in generale, si tende a dare il cognome sia della madre che del padre. Dikele è il cognome di mia madre. Distefano invece è di mio padre, suona italiano e questo fa ridere un po’. Probabile che in passato fossero schiavi di qualcuno.
Torniamo al processo del libro. Hai scritto, hai auto pubblicato, in poco tempo hai firmato per Mondadori e non ti sei fermato, hai cominciato ad andare in giro.
Io ho un progetto che si chiama “Primavera Araba” con cui vado nelle scuole a parlare d’amore, social network, felicità. Storie di riscatto. Se si raccontassero storie di riscatto sarebbe una figata, invece a scuola di solito ci concentriamo sulle date ma mai su quello che accade. Perché quello che accade fa paura. E noi andiamo nelle scuole a raccontare quello che accade, raccontiamo di Mohamed Bouazizi che si è dato fuoco in piazza perché la polizia l’aveva picchiato e lui aveva deciso di denunciare la polizia in Tunisia. Molti sanno dell’esistenza della Primavera Araba del 2010 ma non questa storia ad esempio. Storia di chi ha provato a cambiare la sua vita.
Ti piace scrivere, ma anche parlare vedo. Sei un fiume in piena.
Sì… pensa che è questo che vorrei fare da grande. Vedo molta disinformazione, poca conoscenza. I ragazzi vanno a suola tristi ed è brutto. Io voglio andare in giro nelle scuole a parlare, aprire un teatro nella città dove mio padre è nato…
In Angola? Hai già individuato una zona, un posto…?
Ma io in Africa non ci sono mai stato!
[Risata generale di tutti i presenti al tavolo].
Torniamo ai tuoi sogni di aprire un teatro va…
L’arte è l’unica forma che ci può salvare davvero da questa vita deprimente. Io ho un amico che si è trasformato quando ha scoperto che con degli omini può fare dei quadri, io son cambiato da quando ho scoperto la scrittura. Da quando giro per le scuole. Io credo che il mondo si possa cambiare partendo dalle scuole. E ci accorgiamo che quando passiamo noi i ragazzi son contenti e sorridono. Per questo dico che il libro possa vendere perché “ci siamo lasciati qualcosa”.
Mettiamo che vendi davvero diecimila copie in un mese come ti sei promesso e che il libro diventi un successo come sosteniamo tutti. Che fai? Ne scrivi un altro?
Non so, ho paura. Perché non voglio attraversare quella fase che fanno tutti i cantanti oggi, quella del “non dimenticatemi”. Io vorrei fare come Marracash, prendermi il tempo, anche 4 anni, come lui con Status.
Ma lui nel frattempo ha fatto le magliette…
Io nel frattempo vorrei andare in Africa a fare un documentario boh.
Guarda per me è semplicissimo: libro, poi film…
Ci vogliono i fondi, la sceneggiatura, tempo…
I diritti?
I diritti me li son tenuti!
Sei troppo sveglio… aveva ragione Fred. Normalmente gli esordienti si fanno turlupinare dalle case editrici.
Son convinto che un film del genere fatto da una casa di produzione italiana abbia solo da perdere. Deve farlo un francese o un italiano che ha vissuto fuori.
Perché ogni volta che parlo di questo con qualcuno ho la sensazione che gli altri stiano parlando con Fabio Volo… film che deve far ridere, il ragazzo nero, che parla un italiano strano… non è questa la realtà dei fatti! Io parlo bene l’italiano e così come me tanti altri.
Ci vuole un film fatto bene per cambiare l’ottica della gente che vede il nero e si imbottisce di stereotipi. Non è così, non è la realtà.
In Italia questo si chiama “effetto Balotelli” che però Balotelli non ha capito. Ti spiego. Balotelli è stato considerato così tanto non perché fosse forte a giocare a calcio, ma per l’”effetto Balotelli” cioè: io ragazzo nero accendo la tv e guardo la partita dell’Italia solo perché gioca Balotelli. Mio padre al gol di Mario in Italia – Germania di Euro12 ha urlato. Non l’ho mai visto fare una cosa del genere. Di solito cambia canale, piuttosto guarda Carlo Conti. Quando Balotelli cammina per strada lo fermano i ragazzi di seconda generazione o i figli di immigrati che rivedono in lui quello che loro vorrebbero essere. Balotelli non ha capito che se lui oggi sbaglia, sbaglia per tutti. Io quando giocavo a calcio e facevo un fallo mi dicevano “guardalo che è come Balotelli” perché noi siamo rintracciabili e lui non ha capito che è l’ambasciatore di qualcosa. Non ha capito l’”effetto Balotelli”.
Anche nel mio piccolo quando giro in centro mi fermano solo ragazzi di seconda generazione, un bianco italiano no. Nessuno. Mi dicono grazie, vedo in te quello che posso fare io. Il mondo va così. Balotelli pensava che si parlasse di lui solo perché era il più forte di tutti, ma non è il più forte di tutti. Un attaccante che fa 12 gol all’anno non è il più forte di tutti. Trezeguet ne ha fatti 25 senza battere un rigore.
Questa passione per il calcio testimonia ancor più quanto tu sia italiano… passiamo alla musica. Il tuo rapporto con la musica black, rap, rap italiano. C’è sempre la convinzione che un nero debba ascoltare per forza black music, è così?
Sì è vero, altri stereotipi. A me succede che molti mi dicano “ma tu ascolti Tenco, De André” ehm beh? Mica il nero deve sapere per forza ballare… c’è un po’ questa discriminazione al contrario… I ragazzi neri che ascoltano musica house sono visti malissimo, da piccoli li chiamavamo “i trasformati”.
Io mi sono avvicinato alla black perché mi identifica di più, ma non per forza il rap americano perché sono nero. Anzi, io ascolto molto più rap italiano, semplicemente perché mi identifico di più. Neffa diceva “io sono il numero zero, facce diffidenti quando passa lo straniero”, questo mi rappresentava.
Si però quello era il 1994… tu hai 22 anni oggi…
Eh si ma…
Sei tornato indietro, non tutti lo fanno…
Sì, sì, sono andato indietro. In Italia nel 2003 c’era il vuoto, c’era Bassi Maestro che faceva un disco all’anno, poi Tormento, i Dogo… non c’era l’abbondanza di adesso e quindi dovevi tornare indietro per trovare qualcosa che ti appassionasse. E a me piaceva Neffa, anche Deda… Io sono un fan dei Co’ Sang, se mi chiedi chi è il gruppo migliore in Italia dico sempre i Co’ Sang. Mi son tradotto i testi e mi son detti questi sono i numero 1, il napoletano è una lingua ideale per cantare, loro lo fanno bene, bene anche in italiano, l’hanno dimostrato…
La musica influenza anche la tua scrittura?
Assolutamente! Quando scrivo ascolto sempre musica. Non ce la faccio a scrivere se non ascolto musica. Ultimamente Mecna mi aiuta tantissimo. A livello di rap Johnny Marsiglia mi aiuta tantissimo. Non mi piacciono molto le cose tipo “ho le Jordan pagate 500 euro…” per il discorso di prima, bisogna raccontare una vita più bella. La gente ha bisogno di sapere che la vita non è eccitarsi per avere due donne al posto di una o avere una macchina da cinquecentomila euro. Specie se poi ci sono miliardari che si tolgono la vita…
Perché mi piace tantissimo Fabri Fibra? Fibra non esagera mai, sa di avere una responsabilità verso i ragazzi che lo ascoltano. Non mi piace Gomorra, la serie, perché questi mafiosi sembrano imbattibili, indistruttibili. Un ragazzino vede e poi da grande cosa vuole fare? Saviano un po’ mi ha deluso. Sicuramente l’han voluta rendere cinematografica, ma non so… Ad esempio mi piace tantissimo Kanye West perché quando uscì col primo disco tutti facevano il gangsta rap, mentre lui parlava di Gesù. Di cose vere, di tutti i giorni. In Italia questa cosa un po’ manca, forse fa più audience altro. C’è poco. Tormento resta Tormento. Gue’ Pequeno quando s’impegna lo amo all’infinito, quando non si impegna però boh.
Comunque la musica aiuta tantissimo, poi il rap italiano è bellissimo. Molto sottovalutato. Molti artisti sono sottovalutati, basta pensare a Franck Siciliano che se fosse inglese venderebbe un sacco di dischi, Al Castellana pure.
Quindi sei del partito che i rapper sono i nuovi cantautori?
Sì, e forse anche gli unici cantautori. Se ci pensi, Tormento una canzone a Jovanotti gliela scrive, Jovanotti una canzone a Tormento non gliela può scrivere.
Il registratore è surriscaldato e la conversazione ha preso una brutta piega… potremmo andare avanti ore a parlare di Rap. Un vecchio e un ragazzo, ma con la stessa passione e tante cose in comune. E infatti io e Antonio siamo andati avanti ore a parlare di musica, divagando, perdendoci, sorridendo. Siam passati poi al rap francese in cui io, benché abbia 15 anni più di lui di esperienza, non potevo competere a competenza. Ma abbiamo sbracato abbastanza per oggi, vediamo alla prossima. Antonio Dikele Distefano, questo Antonio Dikele che vi ho raccontato e molto altro, sarà in tutte le librerie da martedì 3 Febbraio con il suo primo romanzo “Fuori Piove, Dentro Pure, Passo, a Prenderti?”. Più di una storia d’amore, più di un romanzo sociale, più di un racconto generazionale.
Nato come un mixtape, fuori come una hit.
Matteo Fini