Public Enemy – Man Plans God Laughs

Public EnemyQuando ascolto i Public Enemy rischio sempre di emozionarmi. Era il 1995 quando mi sono avvicinato alla musica rap ed alla cultura Hip-hop e l’ho fatto con il disco “Apocalypse ’91: The Enemy Strikes Black”.
 
Vi do subito un paio di numeri, per vostra conoscenza: il gruppo di NYC è attivo dal 1987, anno di uscita del loro “Yo! Bum Rush The Show”, e questo disco dal titolo “Man Plans God Laughs” è il 13esimo album di studio, il primo – dal 1990 – affidato ad una sola coppia di produttori, ovvero Gary “G-Wiz” membro della Bomb Squad fin dai primi anni ’80 e Carl Ryder, ovvero lo stesso Chuck D.

 

Il disco è composto da 11 tracce e prende spunto – dice MistaChuck – da alcuni artisti che hanno ispirato il suo modo di fare rap negli ultimi anni, tra i quali Kendrik Lamar, Kanye e i Run The Jewels, ma allo stesso tempo tiene le distanze per far si che il suono dei P.E. resti riconoscibile.

Il primo singolo estratto è la title-track “Man Plans, God Laughs”, dal quale è stato anche estratto il video, suono grezzo e le liriche in stile classico dei “nemici pubblici”, molto critici nei confronti della società statunitense.

Sfortunatamente per chi ascolta, la maggior parte dei pezzi non supera i 3 minuti di durata, ed il rap – quantitativamente parlando – scarseggia. Chi si aspetta un disco con liriche serrate non sarà soddisfatto, mentre possiamo invece affermare che in quanto a contenuti, questo disco è il più “esposto” politicamente che il gruppo ha pubblicato negli ultimi 20 anni.

Le liriche a sfondo socio-politico di “No Sympathy for the Devil”, sono forse tra le migliori del disco. Lo stesso Chuck D racconta in una intervista il significato del pezzo:

“With the situation of unrest in society, and the police brutality issue and what happened in Baltimore, don’t expect no sympathy from the government on the people, especially in the United States…I don’t put any of this on President Obama at all. He inherited a thief that was already in quicksand, and tried to do a good job about not having the thief go under the quicksand. It’s about to really get worse and capsize when he leaves. That’s when there’s really gonna be no sympathy from the devil”.

A “spezzare” lo stile generale del disco – che a mio parere scorre abbastanza omogeneo – troviamo il pezzo “Honky Tonk Rules”, dove i P.E. ricostruiscono la canzone dei Rolling Stones “Honky Tonk Woman” con la collaborazione della vocalist Sheila Brody del gruppo Bride of Funkenstein: curiosamente, il pezzo ricevette l’ok da Jagger circa 25 anni fa, ma non fu mai pubblicato a causa dei diritti.

Considerando che 2 dischi dei P.E. si piazzano – secondo SPIN Magazine – nella Top 50 dei migliori dischi di sempre (#15 Fear of a Black Planet – #36 It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back) possiamo anche perdonare il fatto di non essere a livelli dei primi lavori.

Dopotutto, Chuck D e Flava Flav hanno quasi 60 anni.

Classe '82, seguo tutto ciò che riguarda l'Hip-Hop da più di 20 anni, ma non preoccupatevi: ho iniziato a capirci davvero qualcosa da pochissimo tempo. Per vivere provo ad occuparmi di architettura, design e soprattutto faccio il marito ed il papà. Mentre cerco di collezionare più dischi possibili, vi racconto quello che mi passa per la mente sulle pagine del nuovo hano.it e sulla pagina The Golden Edge.