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Graffiti, Writing, Street art… facciamo ordine: intervista a Pietro Rivasi

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La persona che ho intervistato oggi non è un writer o un artista, ma è “immerso” nel mondo dei graffiti da tanti anni e può essere considerato uno dei massimi esperti nel settore. In questa lunga e interessante chiacchierata ha condiviso con noi la sua preziosa esperienza sul campo spiegandoci il suo pensiero e aiutandoci a chiarire idee che ultimamente sono un pò confuse.

– Ciao Pietro, presentati ai nostri lettori e dicci di cosa ti occupi…

Ciao, sono Pietro Rivasi, vivo e lavoro a Modena. Da ormai molti anni mi occupo di media legati al writing, prima con il sito “Stradanove“, poi collaborando con riviste e case editrici. Organizzo anche eventi e mostre dal 2002, quasi esclusivamente con artisti che abbiano un background nell’arte urbana, visto che è l’unico ambiente che mi sento di conoscere abbastanza per poter fare delle scelte sensate da proporre ad un pubblico.
Non ho un background accademico e non mi occupo di questo per lavoro. Il mio stipendio viene da un mestiere che non centra nulla con l’arte, per cui al momento, sono piuttosto libero di seguire solo e soltanto progetti che mi interessano. Nell’arco della vita ho spesso cambiato idea su cosa fosse corretto fare quando si propongono graffiti e street art in contesti istituzionali, siano essi indoor o outdoor. Oggi, grazie a moltissimo confronto con altri “nerd” mi sento di aver trovato una strada che mi convince e cercherò di lavorare in quella direzione: l’utilizzo della documentazione della pratica come opera originale.


– Tra gli artisti che hai avuto modo di conoscere tramite il tuo lavoro, quali ti sono rimasti impressi, sia dal lato artistico che da quello umano?

Ho avuto il piacere di conoscere davvero tante persone; non credo sia bello fare “classifiche”, chiaramente nell’ambito artistico (ufficiale o meno), spesso si ha a che fare con ego ingombranti.
A volte questo diventa impegnativo nei rapporti, e devo dire che fatico a portare avanti le collaborazioni in quel caso, specialmente se di lavoro. Applico una “etica” abbastanza rigorosa alla scelta degli artisti, ed il fattore umano è diventato col tempo parte dei criteri di selezione.

Una cosa che mi piace sottolineare, e che ho capito meglio negli ultimi tempi, è che il writing permette di creare un legame molto forte fra le persone. È quasi, o può essere, un piccolo esempio di tessuto sociale coeso. Certamente questo accade solo con “i tuoi soci”; esistono faide sanguinose, gelosie e quant’altro come succede in ogni ambiente… ma la “crew” e la sua rappresentazione allargata della cerchia di amici con la quale vai a dipingere e/o resti in contatto dopo aver passato una o più serate insieme, possono davvero diventare una piccola comunità.
La possibilità di trovare persone che ti accompagnano in posti assurdi e che magari non hai mai visto prima, che ti ospitano a casa loro, che in situazioni inaspettate di pericolo ti guardano le spalle. Ecco, trovo nel writing quel senso di comunità che nella società attuale è totalmente andato perduto. Forse per questo, anche quando mi muovo all’interno di spazi istituzionali, l’ambiente del writing e le sue declinazioni restano quelli che preferisco rappresentare.

– Se tu fossi un writer o uno street artist chi saresti e perché?

Beh lo sono stato per un po’ di anni, per quanto con risultati non entusiasmanti, e continuo a seguire quel mondo con moltissima attenzione; ho avuto, e continuo ad avere i miei “punti di riferimento” per tanti aspetti… c’è il writer super prolifico, quello spregiudicato, quello che tira fuori le soluzioni più esteticamente interessanti, quello più intelligentemente innovativo. Ammiro chi è in grado di continuare a dipingere in strada nonostante abbia una età ed una serie di responsabilità sulle spalle paragonabili a quelle che sto vivendo. Io non ho più l’energia e capisco bene quanto ci si debba sacrificare se si vuole restare “up” quando si è adulti.

– Parlaci dell’iniziativa #mobastacemento. Di cosa si tratta? E in quale misura sei coinvolto?

Mobastacemento è un comitato un po’ atipico nato un anno fa da me ed altri 2 amici di Modena. Nell’estate più calda di sempre, quando l’aria della città è stata irrespirabile per 3 mesi di fila, tutto era secco per la siccità, abbiamo capito che dovevamo fare qualcosa di molto concreto per evitare che l’amministrazione continuasse a distruggere l’ambiente nel quale stanno crescendo i nostri bimbi. Attraverso la formazione del comitato, abbiamo quindi iniziato una lunga battaglia di sensibilizzazione dell’opinione pubblica rispetto alle tematiche legate all’urbanistica, cercando di fare capire come questa sia direttamente connessa a problemi ambientali, di salute e sociali.
Questo significa un impegno quotidiano per studiare le situazioni, seguire consigli comunali, scrivere comunicati stampa, organizzare iniziative etc.

Col tempo abbiamo visto crescere una piccola comunità, prima soltanto virtuale, ed ora sempre più reale.
Questo mi ha appunto fatto prendere coscienza di quanto la società al giorno d’oggi sia disgregata, rassegnata ed egoista. Ciò fa si che le persone nel momento del bisogno si sentano sole e impotenti, soprattuto chi non ha una famiglia o degli amici alle spalle.
Ecco, il risultato più importante del comitato sarebbe quello di riuscire a creare una nicchia di persone accumunate da una idea di città diversa e che insieme possano diventare una comunità propositiva, in modo da migliorare le condizioni di vita per tutti. Un po’ ambizioso magari, ma sarebbe bello, oltre che necessario. I risultati più a breve termine, sono invece bloccare alcuni progetti di espansione della città e divulgare informazioni sullo sperpero dei beni pubblici da parte dell’amministrazione Modenese.

Illustrazione di Francesco Barbieri – clicca per ingrandire

– A quale livello pensi sia la street art in Italia, rispetto al resto dell’Europa o del mondo?

Ad essere sincero non seguo tantissimo la cosiddetta street art né il muralismo; seguo invece molto il writing e quei writer che ad un certo punto hanno avuto una deriva più concettuale, distaccandosi dai “dogmi” molto rigidi delle radici newyorkesi. Ad ogni modo, visto che la domanda era proprio sulla street art (quindi fare “getting up” ma non con le lettere), posso dirti che abbiamo la fortuna di avere ad esempio il Collettivo FX che per me sta facendo cose davvero interessanti. Progetti articolati e pensati per funzionare in base ai “numeri”. Sostanzialmente applicano il concetto del “getting up” per dare forza ai loro progetti. Questo lo trovo potentissimo concettualmente. Ci sono certamente altri attori interessanti, ma non sono sufficientemente sul pezzo per dare giudizi.

Se invece vogliamo parlare di artisti che non vengono dalla street art ma dal writing, un esempio che mi piacerebbe citare è Eron che dopo anni in cui ha alzato l’asticella di quello che era possibile realizzare in strada con gli spray in termini di qualità sia di lettere che di figurativi e di concetto, si sta dedicando a realizzare murali contemporaneamente di una potenza e di una delicatezza straordinari, sempre sfruttando le tecniche che lui stesso ha inventate negli anni.
Ho avuto anche il piacere di collaborare con lui recentemente in occasione della realizzazione dell’opera monumentale “W.A.L.L.”, uno dei più imponenti murali mai realizzati da un singolo. Tralasciando l’aspetto puramente artistico, che è stato già sviscerato più volte, vorrei sottolineare come Eron si sia preoccupato di chiedere che l’opera venga venga distrutta una volta terminato il periodo per il quale il supporto sul quale è stata realizzata sarà necessario. Questo fa riflettere su fatto che ci possono anche essere modi diversi di trattare il tema dell’arte urbana rispetto alla gentrificazione ed anche a quello della conservazione e della restaurazione, oggi molto dibattuto.

W.A.L.L. by Eron

– Per quanto riguarda i magazines/libri riguardanti graffiti, pensi che abbiano subito molto l’avvento di internet?

L’editoria di settore non è mai stata così in salute; internet ha insegnato a tutti che per poter vendere un libro o una rivista, è necessario che il prodotto “fisico” abbia un valore aggiunto rispetto a ciò che si può trovare online. Quindi vengono premiate la ricerca dei contenuti ed il confezionamento del prodotto. Essendo questa forma d’espressione per sua natura effimera ed ai confini della legalità, risulta evidente che c’è ampio margine per poter realizzare prodotti con materiale inedito. Negli ultimi 10 anni sono usciti una quantità impressionante di libri interessanti: la storia dei treni di Barcellona, piuttosto che le avventure degli hobos. Che siano raccolte di documenti “storici” o le riproduzioni di treni dipinti nell’ultimo mese, le possibilità sono tante. Anche l’accesso agli archivi è molto difficoltoso, solo chi li ha in casa o ne conosce i possessori può, forse, accedervi. C’è poi l’aspetto della cura dell’oggetto: sempre più spesso escono tirature limitate di libri che sono vere e proprie opere d’arte. Pagine serigrafie, interventi a mano, carte particolari etc.
Insomma, la carta stampata gode ottima salute!

– Qual’è la tua opinione sulla contrapposizione tra i graffiti classici e la più moderna “street art”? Hai una preferenza?

Sono un nerd dei graffiti, per cui la mia preferenza va indubbiamente in quel senso. Devo dire però che apprezzo anche molto chi, partendo dal writing cerca soluzioni diverse, fregandosene della ortodossia. I risultati di queste sperimentazioni risultano spesso difficilmente definibili in modo univoco.

Aggiungo un’altra cosa: il 90% della cosiddetta street art, è figlia del writing, non ha altri reali padri, quindi molto spesso questa contrapposizione semplicemente non può esistere. Le persone che dipingono in strada esistono più o meno da sempre, così come quelle che scrivono in strada, ma i riferimenti principali, l’ispirazione, per la grande ondata di street art che si è manifestata tra la metà degli anni ’90 e la seconda metà del 2000, è il writing newyorkese, non per esempio il muralismo messicano o il situazionismo. Tutti quei “loghi” e semplici disegni che col tempo, spesso, si sono tramutati in enormi murali nei festival oggi così comuni, sono stati partoriti da writer, magari veri e propri trainbomber ossessivi, che a un certo punto del loro percorso hanno sentito la necessità di cercare altri modi per diffondere il loro nome, di entrare in contatto con audience anche diverse. Quello che invece mi lascia più perplesso sono gli illustratori, magari talentuosissimi, che iniziano a dipingere pareti finendo anche inconsapevolmente, per sfruttare il sacrificio di chi nello spazio urbano ha lasciato pezzi interi della sua esistenza. Anche il solo fatto che oggi in Italia sia così facile avere a disposizione dei muri sui quali dipingere, è frutto di 20 anni di writing nelle strade, non scordiamocelo. Il percorso è parte integrante del valore delle opere, se elimini quello, hai un classico pittore/artista da accademia / studio. Non c’è chiaramente nulla di male in questo, semplicemente sono cose che andrebbero tenute separate, bisognerebbe sempre distinguere “who’s who”, altrimenti ci si ritrova in situazioni per cui un illustratore finisce per essere citato come “uno dei migliori street artist del mondo“ da qualche influente magazine internazionale e questo è semplicemente mistificare la storia… ed implica anche conseguenze sulla carriera dell’artista stesso e sul riconoscimento del suo lavoro.

– Nel futuro prossimo hai qualche evento/manifestazione in particolare da suggerire ai nostri lettori?

Sono un collezionista ossessivo di libri e riviste, perciò mi sento di consigliare Unlock Fair, una fiera di settore che sta girando l’Europa da un paio di anni. La prossima tappa sarà ad Amsterdam in dicembre. Sto inoltre sto collaborando ad un paio di progetti espositivi ed editoriali che credo potranno interessare i lettori di Hano.it che seguono il writing. Non è ancora il momento di fare spoiler però. 😀

Andrea Bastia
Andrea Bastia
Appassionato di cultura hip hop da ormai troppi anni e writer fallito, dopo qualche esperienza in proprio sul web approda definitivamente su Hano. Si occupa della rubrica dedicata agli artisti emergenti e a quella sui Graffiti.

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